Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Alice Munro con le parole di Susanna Basso

L’incontro dei Gruppi di Lettura organizzato giovedì 10 aprile scorso alla Biblioteca civica di Villa Amoretti, nell’ambito del Progetto LeggerMente, era dedicato alla figura e all’opera di ALICE MUNRO, Premio Nobel per la Letteratura 2013.

SUSANNA BASSO, storica traduttrice della scrittrice canadese, ha aperto l’incontro con un excursus fondamentale sul ruolo del traduttore, cui ha dedicato il saggio “Sul tradurre. Esperienze e divagazioni militanti”, edito da Mondadori nel 2010.troppa-felicita-di-alice-munro-premio-nobel

Se il termine arte si addice a figure che producono qualcosa di “unico” ed irripetibile, il traduttore si pone come colui che ha il compito ed il merito di trasformare ciò che è unico in “originale”: dopo la traduzione l’opera d’arte è replicata, non più unica, ma unicamente e per sempre originale.

Stimolo ed ansia del traduttore è il tentativo di restituire qualcosa, un “prodotto” a suo modo originale, un’opera a sé di cui la traduzione rappresenta solamente un processo. Un percorso del quale è un esempio la difficoltà di chi si trova a dover tradurre opere che sono state scritte all’età di 36 ed a quella di 76 anni: esiste una forma espressiva di una trentaseienne ed un’altra di una settantaseienne? O semplicemente si tratta di un’evoluzione della lingua in un arco di tempo così ampio? Come rendere in italiano l’assenza di una connotazione femminile nel linguaggio (dato che gli aggettivi non si declinano), sempre che l’assenza sia intenzionale?

Occorrono una grande passione per le parole ed una sensibilità profonda come quella di Susanna Basso per trasmettere la complessità di opere come “Segreti svelati”, “Troppa felicità”,“Danza delle Ombre felici” (per citare solo alcuni titoli) o rendere le valenze simboliche di certi termini come “lenta” e “non del tutto a posto”, riferito a bimbe con grossi limiti intellettuali, parole che diventano in alcuni racconti un “lasciapassare” per definire l’orrore insito nell’esistenza umana.

Alice Munro è sicuramente la più importante scrittrice canadese contemporanea e tra i maestri del racconto breve. Nei suoi racconti narra fatti, storie di persone comuni alle prese con la vita di tutti i giorni; che pensano al passato e al futuro; che affrontano le situazioni o le subiscono. La sua è una scrittura semplice? Solo apparentemente: in realtà è quella semplicità che richiede anni di lavoro, di riscrittura. E’ la semplicità che nasconde la complessità dell’essere umano: la scrittrice è infatti grande osservatrice della vita, anche nella sua crudezza e senza proporre giudizi morali. Le sue sono prevalentemente storie al femminile: sorelle con sorelle, madri con figlie, amiche. Particolare attenzione è dedicata alle vicende di donne adolescenti e mature, ai momenti cruciali della loro vita: matrimonio, maternità, solitudine, vecchiaia.

La lettura della Munro, avverte Susanna Basso, lettrice paziente prima che traduttrice,  richiede calma e attenzione. Il lettore frettoloso rischia di perdersi nel flusso della quotidianità, fermandosi alla grande raffinatezza descrittiva ma sorvolando su particolari che si rivelano poi determinanti, inespressi e nascosti ma improvvisamente travolgenti.

Una grande scrittrice “incontrata” attraverso le parole e l’appassionato lavoro di una grande traduttrice.

Rossella Lajolo

Giampaolo Nardi

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