Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Vittime di Dacca, Islam e teocrazia

Tra le vittime di Dacca c’era anche una torinese: Claudia D’Antona. La riflessione di Ernesto Galli della Loggia pubblicata sul Corriere è interessante e lucida sul fenomeno del terrorismo di matrice islamica.

Sarebbe ancora più interessante se, estrapolando il suo ragionamento, si facesse un paragone storico ANCHE con le “idee assolutistiche” della Storia europea ( e non) che riguardano l’Ideologia dei Lumi o il Comunismo.

La prima che tagliava teste a TUTTI coloro che non la condividevano, il secondo che prometteva “il paradiso in terra passando per una dittatura dell’uomo sull’uomo che non arriva MAI al paradiso in Terra, ma si ferma alla “dittatura del proletariato.

L’islam è una forma culturale teocratica, cioè Legge di Dio e Legge degli Uomini non possono divergere, anzi non possono differenziarsi.

L’abbandono della teocrazia nella cultura occidentale è uno dei frutti positivi dell’Ideologia dei Lumi, ma l’Islam non l’ha vissuta ed ha mantenuto una matrice assolutista nella cultura e nei comportamenti, anche quelli moderati.

Anche il nostro terrorismo ha avuto (nero o rosso) l’idea centrale che la giustizia fosse il bene più grande, più grande della vita stessa e della libertà. Però i giudici che decretavano MORTE a persone in carne ed ossa, erano i terroristi stessi che si mettevano al posto di Dio e di un “Giudice supremo” disponendo della vita degli altri che non è nella disponibilità di nessuno di noi.

Come Ernesto Galli della Loggia acutamente osserva: “Fa una differenza o no, ad esempio, se i Vangeli non registrano nella predicazione di Gesù di Nazareth alcuna azione o proposito violento contro coloro che non credono?“.

Il Nuovo Testamento ( i Vangeli, le Epistole e gli Atti degli apostoli) hanno superato l’idea assoluta del DIO padrone e dell’IDEA padrona dando un nuovo concetto culturale al mondo: “io sono tuo fratello e perché tu abbia giustizia io muoio per te, non tu muori per la giustizia”. La giustizia non è l’assenza di torti subiti, ma la vita con un senso.

Qui riportiamo ampi stralci dell’articolo al quale mi riferisco che potete trovare integralmente cliccando sul titolo

“Le troppe parole che l’Islam non dice”

(…)Invece è andata proprio così. Anche questa volta è andata così. Per la strage di Dacca, come in tante altre occasioni da anni. E non certo solo da noi. Da anni infatti terroristi islamici seminano dovunque la morte ma l’opinione pubblica occidentale si sente puntualmente ripetere che la loro religione non c’entra nulla. Il più delle volte con l’argomento (evidentemente reputato in grado di chiudere la bocca a chiunque) che, a tal punto il terrorismo islamico non c’entrerebbe nulla con la religione islamica che spesso le sue vittime sono proprio gli stessi islamici. Come chi dicesse che poiché le guerre di religione nell’Europa del Cinque-Seicento vedevano dei cristiani ammazzare altri cristiani, proprio per questo la religione con quella violenza non avesse nulla a che dividere.

(…)Così come, per parlare infine di politica, dovremmo una buona volta porre anche il problema dell’Arabia Saudita, l’Arabia Saudita è il vero cuore della violenza terroristica islamista perché ne è di gran lunga il maggiore finanziatore. Da anni tutti gli osservatori lo dicono e lo scrivono, sicché la cosa è in pratica di dominio pubblico. I soldi per le armi e le bombe destinati a seminare strage da Bombay a Parigi vengono quasi sempre da Riad. Ma egualmente da Riad proviene il fiume di soldi con cui negli ultimi decenni l’élite saudita ha acquistato in mezzo mondo (ma di preferenza in Occidente, naturalmente) partecipazioni azionarie, interi quartieri residenziali, proprietà e attività di ogni tipo. Trascurando nel modo più assoluto qualunque solidarietà islamica — ai disperati, spessissimo musulmani, che ogni giorno tentano la traversata del Mediterraneo, da loro non è mai arrivato un centesimo — ma curandosi solo di arricchirsi sempre di più e di mutare a proprio favore la bilancia del potere economico mondiale. (…) Quale migliore occasione, allora, per dimostrare che le cose non stanno proprio così, che ci sono anche per noi cose più importanti del denaro?

franco

direttore@vicini.to.it

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