Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Finchè morte non ci separi, di Tyler Gillett, Matt Bettinelli-Olpin

Finchè morte non ci separi è stato presentato in anteprima negli scorsi giorni nella nostra città dal giornalista e sceneggiatore per Dylan Dog Fabrizio Accattino, che ne ha evidenziato l’originalità e la cura nella costruzione narrativa. Infatti il film, dopo un inizio realistico, vira all’ horror, sorprendendo per l’azzeccata combinazione di generi, tanto che la rivista americana Exquire ha decretato: “unisce in modo strepitoso thriller, satira, horror e risate”.
Una delle sue forze– ha osservato Accattino – viene dall’essere stato realizzato da un gruppo di lavoro, due registi e il produttore, uniti nel collettivo cinematografico Radio Silence, specializzati in corti e web series: questo li ha favoriti nel lavorare su registri diversi e con un surplus di energia nel concepire trovate, battute, caratterizzazione dei personaggi.
Per le atmosfere, questa dark comedy è collocabile tra I primi Tim Burton, La famiglia Addams e Ai confini della realtà, quei telefilm che raccontavano storie di persone normali le cui vite venivano sconvolte dall’incontro con l’ignoto.
E’ ciò che accade a Grace, la giovane protagonista, che approda in una sontuosa dimora in stile vittoriano, proprietà della famiglia Le Domas, arricchitasi con realizzazione di giochi da tavolo, per sposarne l’erede. In un’ambientazione in stile Cluedo, il celebre gioco thriller degli anni ’80, si celebra il matrimonio, dopo il quale la giovane, per entrare a far parte della famiglia, deve sottoporsi a un gioco iniziatico che sconvolgerà letteralmente la sua prima notte di nozze.

Il film è godibile a più livelli: strizza l’ occhio agli amanti del gioco, da quello degli anni ‘80 (alcune delle armi utilizzate sono proprio quelle previste del Cluedo)  ai cultori delle tonalità gotiche dei giochi di ruolo contemporanei e delle escape rooms; mette in parodia l’ associazione tra satanismo e rituali violenti, come il patto  che il capostipite dei Le Domas ha stipulato col diavolo, alias Mr. Le Bail. Il crescendo splatter è pervaso da quell’ironia con cui sono disegnati alcuni personaggi (la zia acida, la figlia imbranata…): tra gli attori degni di menzione senz’altro la protagonista, una Samara Weaving destinata a far strada a Hollywood, e la rediviva Andie mc Dowell, nel ruolo per lei inedito della funerea madre dello sposo.
E – last but not least – la vicenda si rivela un’efficace rappresentazione della lotta di classe, in cui la sopravvivenza della borghesia può avvenire solo a scapito delle classi inferiori: ma i registi fanno visibilmente il tifo per queste ultime, non a caso  il primo ciak è stato dato a pochi giorni dall’elezione di Donald Trump.

con Samara Weaving, Adam Brody, Mark O’Brien, Henry Czerny, Andie MacDowell, Nicky Guadagni

In questi giorni nelle sale torinesi

Voto: 7/10
Anna Scotton
annas@vicini.to.it

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