Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Joker, di Todd Phillips.

Nel 1981, a Gotham, una città che ha le caratteristiche della New York di quegli anni, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) vive con la madre anziana e malata in un palazzo fatiscente; mentre aspira a diventare un comico di cabaret, sbarca il lunario truccato da clown per delle pubblicità di strada, divenendo spesso oggetto di umiliazioni e prepotenze. Un tic nervoso che lo fa scoppiare in risate isteriche in occasione di forti stress emotivi è rivelatorio di un disturbo della personalità.  Una notte subisce un’aggressione in metropolitana che innesca in lui una serie di reazioni a catena tali da trasformarlo in uno dei più efferati criminali di Gotham City.

Il regista Todd Phillips, uscendo dal cliché abituale della commedia leggera, porta sul grande schermo la storia delle origini del più celebre dei nemici di Batman, Joker, realizzando nel contempo una riflessione di forte impatto su molti temi di bruciante attualità (la violenza contemporanea diffusa e crescente, i danni delle diseguaglianze sociali, il disagio psichico e la mancanza di fondi per cure adeguate).
Valore aggiunto, una colonna sonora azzeccata, che mescola alcuni classici della musica americana – evocativi del mondo dei clown e di un passato dal sapore positivo – a brani originali creati dalla compositrice islandese Hildur Guðnadóttir.
Joker è il primo cinecomic (adattamento per il cinema dei fumetti di supereroi) a essere stato selezionato per un concorso internazionale, la recente Mostra di Venezia: l’attribuzione del Leone d’oro ha per una volta messo d’accordo pubblico e critica. Visivamente trascinante, il film presenta rimandi estetici e di contenuto – per ammissione dello stesso autore – a Re per una notte ma soprattutto a Taxi Driver, di Martin Scorsese, richiamato quest’ultimo anche dalla presenza di Robert De Niro nei panni dello showman Murray Franklin. Infatti la parabola distruttiva di Fleck riconduce alla caduta nel baratro della follia del tassista Travis, confermando la dichiarazione del regista rispetto al protagonista del suo film: “Non è nemmeno Joker, è la storia di come si può diventare Joker”.E se Todd Phillips è riuscito a elevare a simbolo del dolore e d ell’oppressione umana un fumetto, grande merito va senz’altro a Joaquin Phoenix, che a Venezia a dovuto cedere la coppa Volpi per il miglior attore, ma non mancherà il bersaglio agli Oscar 2020. La sua performance è perfetta, sicuramente il più straordinario Joker passato sugli schermi; la plasticità delle espressioni che assume il suo volto è accompagnata dalla trasformazione del corpo, che riesce ad essere – a seconda dei casi e delle situazioni – vigoroso o fragilissimo.

L’ultima sequenza, oltre ad aprire forse ad un sequel, spiazza abilmente lo spettatore, tanto che qualcuno ha chiesto al regista: “Quello che abbiamo visto nel film è successo davvero o esiste soltanto nella testa di Arthur Fleck?”

Con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Bill Camp, Zazie Beetz, Brett Cullen, Frances Conroy.

Voto: 8/10
Anna Scotton
annas@vicini.to.it

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