Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La Dea Fortuna, di Ferzan Özpetek

“Io e Simone non abbiamo pensato a un figlio perché non vorrei nessuno tra me e lui.” Lo ha dichiarato in una recente intervista Ferzan Ozpeteck, parlando del proprio rapporto con il compagno. In controtendenza rispetto alle coppie omosessuali che rivendicano il diritto alla genitorialità, questo in fondo è anche il punto di vista di Arturo, uno dei protagonisti dell’ultimo film del regista turco: è un intellettuale, che sta con Alessandro, un idraulico, da quindici anni. I due vivono una fase di stanca nel loro ménage quando, inaspettatamente, si presenta Annamaria, ex di Alessandro e madre single, che, dovendo affrontare una serie di accertamenti clinici, affida loro per qualche giorno i due figli. Arturo vive inizialmente gli ospiti come intrusi ingombranti, anche se, con il passare del tempo, proprio grazie ai bambini, lui e Alessandro riusciranno a mettere a fuoco la direzione da dare alle loro vite.

I due uomini incarnano un diverso approccio all’esistenza: Alessandro, il proletario, segue l’istinto, ha una rete robusta di affetti, è convinto che il suo legame di coppia non venga messo in discussione da occasionali distrazioni sessuali. Il cerebrale Arturo rispetto a se stesso ha le idee più confuse: è un accademico mancato o un fallito? è più grave l’infedeltà fugace sbattuta in faccia, o una relazione clandestina, seppure prolungata?

L’antidoto di Ozpeteck all’infelicità sta nel piacere consolatorio offerto da cibo, musica e vicinanza umana: famiglia sono gli amici che scegli, la liturgia di allegre tavolate, la bellezza di momenti condivisi in case piene di luce e colore; l’amore più felice è quello che quotidianamente sa rinnovarsi, come accade all’immemore malato di Alzheimer.

Anche se il film è ispirato ad una storia vera, il regista non rinuncia – come ha fatto da Saturno contro, a Cuore sacro e a Napoli velata – all’espediente narrativo di legare i destini delle persone alle suggestioni dell’arte o al mistero di riti ancestrali: e qui il richiamo alla Dea Fortuna che incatena i cuori, a tratti toglie naturalezza al racconto.

Nel film complessivamente gradevole, convincono soprattutto Edoardo Leo, per fisicità e dimensione empatica, e Jasmine Trinca, che ben esprime lo smarrimento di una madre che sente la propria sorte appesa a un filo.

con: Edoardo Leo, Stefano Accorsi, Jasmine Trinca

In questi giorni nelle sale torinesi.

Voto: 7,5/10

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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