Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Federica Golisano: non una qualunque!

«Il diritto alla libertà in musica viene dallo studio»: così Ottavio Dantone, direttore dell’orchestra barocca Accademia Bizantina, ha chiuso la sua conferenza di presentazione dello straordinario concerto del 18 dicembre 2019 presso l’auditorium Giovanni Agnelli di Torino. Un concetto che tra i giovani musicisti sembra oggi molto poco diffuso: un’eccezione è senza dubbio Federica Golisano, una giovanissima e talentuosa chitarrista che si sta facendo spazio a forza di soli, esperienze e visualizzazioni su Youtube.

– Quali sono state le prime fasi della tua formazione?

Ho inizio dal pianoforte, siccome mio padre è un pianista. A quel tempo ero una scout e il mio capogruppo suonava la chitarra: volevo assolutamente imparare, allora ho chiesto un’acustica per cominciare a maneggiare gli accordi. Ho anche ritrovato delle foto con alcune chitarre giocattolo che nemmeno ricordavo di aver avuto. Un Natale è arrivata la prima elettrica e ho cominciato a prendere lezioni private da alcuni amici di famiglia (soprattutto Jerry Arcidiacono, le cui esperienze vanno dal jazz al progressive metal). Volendomi poi iscrivere al liceo musicale, ho dovuto imparare a suonare la classica da zero: all’ammissione ho portato, oltre ai pezzi richiesti da programma, anche alcuni brani con l’elettrica (Eruption di Eddie Van Halen e il solo di Sweet Child O’ Mine dei Guns N’ Roses).”

– Al momento sei impegnata in qualche progetto? E quali sono le tue prospettive future?

Sì, ho iniziato a suonare in un gruppo, i Venus, il cui bassista è un caro amico di famiglia. Il 10/04 suoneremo al circolo Il Peocio di Trofarello: ci aspettiamo un pienone di musicisti e non, com’è stato per la nostra prima data insieme. In futuro non voglio altro se non suonare in una qualsiasi band, rock e non, in tour o meno; non mi dispiacerebbe anche fare l’endorser di qualche strumento.

– Rock e studio accademico: un connubio possibile? Oggi hanno aperto il Conservatorio jazz e persino quello pop: ma dove si studia il rock?

Io ho sempre preso lezioni da privati, formandomi principalmente come autodidatta; l’ideale sarebbe poi specializzarsi su un genere: io vorrei presto iniziare a studiare jazz per poter essere versatile e conoscere i modi alla base di alcuni soli. L’ascolto ha giocato e gioca un ruolo fondamentale nella mia crescita: i miei modelli sono John Petrucci, Paul Gilbert, Yngvie Malmsteen, gli AC/DC, i Guns N’ Roses e i Black Sabbath. Esiste una scuola privata ad indirizzo rock a Milano (la RGA), ma è molto costosa e c’è una forte selezione: altre strade sono il Berklee College of Music di Boston o anche solo la Lizard di Torino.

– Come vivi il fatto di essere una donna rocker e quant’è importante la tua presenza online?

C’è una grande tradizione di donne che hanno deciso di imbracciare l’elettrica: ma di certo oggi non ce ne sono tante e questo gioca a mio favore. La mia impressione, poi, è che alcune vengano veramente sottovalutate: molte hanno milioni di visualizzazioni ma sono veramente poco dotate, è una questione di marketing (su Youtube è possibile sostanzialmente anche comprarsi le visualizzazioni). Io pubblico video su Youtube giusto per avere un trampolino di lancio e per iniziare a farmi conoscere: i miei primi video erano al pianoforte, poi ho caricato alla chitarra qualcosa degli AC/DC e ora continuo sulla linea dei grandi della storia del rock.”

– Ma l’Italia è un paese da rock? Quali sono concretamente le opportunità lavorative offerte ai giovani rockers?

Secondo me in Italia non c’è futuro per il musicista in generale, all’estero ci sarebbero molte più opportunità (molti dei chitarristi più famosi vengono dagli Stati Uniti). Siamo in un Paese in cui ancora i gestori dei locali stabiliscono la paga di una band in base al numero di persone che hanno portato con sé come pubblico; per fortuna non è sempre così e ci sono serate in cui riesco a strappare 50-100 euro.

– L’assolo è tutta questione d’improvvisazione?

L’assolo è improvvisazione. O meglio, s’improvvisa per crearlo e poi lo si segue durante le prove. Al momento sto preparando il Capriccio n. 24 in la minore di Niccolò Paganini in versione metal: in fase di studio mi capita spesso di vagare su altre note, improvvisando. Questo è un po’ il motivo per cui sento il bisogno di approcciarmi al jazz: aprire nuove strade nella mia formazione ed essere più consapevole anche nell’improvvisazione.

Federica è un esempio lampante dell’importanza dell’ascolto e del rapporto con i grandi maestri della storia della musica (rock, nel suo caso): un ascolto consapevole cambia la vita e prepara il terreno per una brillante carriera, che è quello che auguro a tutti i giovani come lei.

Matteo Gentile

matteog@vicini.to.it

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