Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Virus: cosa ci aspetta quando scatterà l’UNLOCK

L’ansia di ripartire serpeggia, a dispetto delle frenate che raccomandano le istituzioni responsabili della nostra salute. A ben guardare potevano pensarci prima: l’Huffington Post segnala l’esistenza di un “Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale”, contenente le linee guida per i Piani regionali relativi, che elenca le misure necessarie e che effettivamente sono state prese, ma in ritardo. Risale al 2007. Su questi ritardi il Sen. Gregorio De Falco, M5S, su Huffington Post preannuncia un’interrogazione parlamentare (riferimenti a fondo pagina).

Ma poiché si stanno scaldando i motori, tanto vale guardare a cosa ci troveremo di fronte al “liberi tutti”, e su quali presupposti.

L’Espresso n 15 del 5 aprile include un servizio dal titolo “Italiavirus/il domani”, curato da Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian, da cui possiamo trarre alcune utili indicazioni.

Senza pretendere di dare consigli che non ci competono cerchiamo di fare ordine nella tempesta di informazioni che arrivano a noi cittadini fra TG, speciali TV, approfondimenti, ciascuno col suo virologo di riferimento.

Prevenzione e autoprotezione

Sulle modalità di diffusione del virus circola in Rete un video molto esplicativo. Un esperimento sulla capacità di diffusione delle goccioline di saliva che emettiamo (Droplets) e che dimostra come le gocce di dimensione micrometrica (un milionesimo di millimetro) abbiano una permanenza di molti minuti e anche ore in un ambiente chiuso. A suo modo sconvolgente, fa tuttavia emergere una soluzione incoraggiante: le gocce, così leggere da fluttuare nell’aria per ore, vengono spazzate via in pochi secondi se solo si aprono le finestre (https://vimeo.com/402577241).

Quindi, prima e importante forma di prevenzione: aerare gli ambienti.

Le mascherine: quasi certo che dovremo portarle tutti: sarà possibile? Il fabbisogno stimato è di 100 milioni di pezzi al mese, e molte di più nel primissimo periodo, fino a tre volte tanto. Blocchi alle dogane, ricerca disperata da parte di tutti gli Stati, e confusione portata dai mille rivoli dell’importazione parallela (e mettiamoci pure le truffe) non aiutano. Quanto c’è da rimpiangere la delocalizzazione delle nostre imprese. Alcune aziende della filiera della moda ne producono in totale 200.000 al giorno, e a queste si stanno aggiungendo altre aziende che si occupano di materiali per l’igiene personale. Siamo ancora lontani. Le fabbriche cinesi lavorano a pieno ritmo, ma c’è il problema di mantenere il prezzo ad un valore sostenibile per il sistema. Inoltre, per chi opera a livello artigianale c’è il problema della certificazione: per acquisire la quale occorre sottoporre i campioni, che contengono un filtro di un materiale con caratteristiche fisiche e chimiche a norma CE (UNI EN 14683), a una serie di test funzionali ed ambientali.

Altro problema, che però si spera non toccherà i cittadini in modo diretto, sono i presidi di protezione destinati ai sanitari. La Carrera di Verona, secondo l’Espresso unica tra le imprese del settore, ha il controllo della propria filiera produttiva e potrebbe produrre mascherine professionali lavabili fino a 4,5 milioni di unità al mese, un buon numero, anche se potrebbero non essere sufficienti, se l’epidemia si estendesse ancora.

Non decidiamo un’app.

Quanto a prevenzione, non sembrano più così attuali i termoscanner (usati in Cina, Hong Kong e Corea del Sud), capaci di individuare stati febbrili, quindi i casi più gravi, utili per lo più per controllare gli accessi in aree controllate, mentre occorrerebbe anche una prevenzione rivolta ad una platea ben più ampia. Più efficaci i sistemi di tracciamento, come quelli usati in Corea del Sud. Partendo dalle persone già individuate come portatrici di virus all’interno di un focolaio, si tratta di tracciare i contatti che hanno avuto in un certo periodo. Sembra semplice. Tuttavia non è stata ancora individuata un’applicazione adatta. Questione di privacy? Eppure tutti noi cediamo pressoché a chiunque dati sulla nostra geo localizzazione, mentre i nostri dispositivi sono comunque identificati univocamente. “Azzeccagarbugli della Costituzione” ha definito Gustavo Zagrebelsky i titubanti. Si sta avviando la Task Force presieduta da Vittorio Colao (ex Amministratore Delegato di Vodafone) costituita da 75 (!) membri. Tra i compiti, quello di prendere una decisione al riguardo. In ottima posizione per la scelta una applicazione apposita di Google che utilizza il Bluetooth come connessione di prossimità.

Garanzie

In questo contesto, per una ripresa in condizioni di una ragionevole sicurezza sono necessarie alcune certezze, che al momento non abbiamo.

Alcune devono provenire dalla medicina. Dimenticando il vaccino, che è ormai chiaro non sarà disponibile prima di 12-18 mesi, le speranze si rivolgono alle terapie. Tra queste sembrano promettenti il Tocilizumab, un medicinale per l’artrite reumatoide di cui il gruppo di ricerca del Centro Tumori Pascale di Napoli ha scoperto prestissimo l’efficacia per la cura delle complicazioni polmonari, ed ora si sta sperimentando, sempre a campione, in più centri sparsi in Italia. C’è molta attenzione, sempre secondo l’Espresso, sul Ramdesivir, antivirale usato per l’Ebola e SARS e sul Plaquenil, un antimalarico, entrambi in corso di sperimentazione. Il processo non è breve ma si conta di poter avere l’approvazione dell’AIFA, l’Agenzia del farmaco, sull’uso di questi trattamenti in tempi più brevi. Altri farmaci sono in via di sperimentazione, una corsa lodevole.

Altro presidio di grande interesse ed alla portata è la telemedicina: se, come è logico aspettarsi, nel prossimo futuro ci sarà un gran numero di persone in quarantena o isolate a causa di sintomi più leggeri, sarà importante che tutta questa platea venga mantenuta sotto controllo, sia per ragioni sanitarie sia per non sottrarre inutilmente risorse all’attività produttiva.

Meglio essere pronti e prevenire quanto più possibile. Anche perché, circa i presidi sanitari ospedalieri, abbiamo più incertezze ancora. Le attrezzature per Terapia Intensiva si sono dimostrate insufficienti, ad oggi in Italia 9000 contro le 28000 della Germania (che ha una popolazione maggiore ma solo di un 40%). Una piccola azienda bolognese, con l’aiuto di Ferrari, dovrebbe produrne 2000 nei prossimi due mesi, dice ancora l’Espresso. Per i ventilatori si stima che ne occorrerebbero 4 volte quelli disponibili.

Fra i dati relativi all’andamento dell’epidemia si guarda anche alla rapidità con cui si svuotano le corsie degli ospedali e specie le terapie intensive. Ad oggi le postazioni di Terapia Intensiva in Piemonte sono poco meno di 600 (fonte “La Provincia di Biella, 4 Aprile) ed i ricoverati relativi sono 367 (Il sole 24 ore 14 aprile), e non sembrano esserci al momento criticità al riguardo, colpisce invece che la percentuale di nuovi casi di contagio percentuale per Torino rispetto alla popolazione è 0,37 % (media nazionale è 0,25%) con incremento giornaliero che oscilla fra 2,5 e oltre 4 %.

Dato questo scenario, cosa ci possiamo aspettare per il nostro futuro, almeno per l’immediato? Possiamo permetterci qualche riflessione, sempre sostanziata dai confronti in corso tra gli esperti.

Entrare in Fase 2

Sono ancora molti i problemi da affrontare per entrare nella Fase 2. Intanto risolvere quelli ancora in sospeso per la fase 1.

Tracciare i positivi. Oltre alla app citata, per questo potrebbero aiutare gli studi sull’intelligenza artificiale: lo scopo, anticipare minacce biologiche scansionando conversazioni sui social e notizie sui giornali alla ricerca di indicatori di possibili focolai.

Correggere errori commessi: sulla disponibilità e l’uso dei tamponi, definire modalità per trattare le case di riposo. Emerge, forse l’avevamo immaginato, che le mascherine servono per tutti: Burioni ci comunica che tutti siamo potenzialmente portatori. Possibile che in Spagna si distribuiscano alle stazioni della metro e qui mancano ancora nelle farmacie?

Definire dei protocolli terapeutici, anche per coloro che resteranno nelle loro case (e si preannunciano tempi per la quarantena ben più lunghi dei 14 giorni iniziali).

E fare in modo che la gente impari a convivere con restrizioni e regole nuove.

Distanziamento fisico

Dopo il distanziamento sociale, si comincia a parlare di distanziamento fisico. Si può guardare qualcuno negli occhi rimanendo a un paio di metri di distanza, recuperando almeno in parte il contatto sociale. Comunque, distanza sarà. Altro aspetto ormai chiaro è il rischio determinato dai luoghi chiusi in cui si può creare una forte concentrazione del virus (qualcuno l’ha definita carica virale), data la sua modalità di trasmissione vista sopra.

Quindi: senza mascherine, tamponi per prevenire e test sierologici per identificare gli asintomatici, difficile pensare a una “riapertura” generalizzata. Tuttavia occorre che le attività produttive riprendano, e presto.

Nuovi modelli organizzativi e produttivi

Le grandi aziende sono in grado di farlo. FCA-PSG sta studiando con la consulenza proprio di Burioni un modello produttivo in cui il processo sia governato in ogni fase dalle regole che sono ormai sperimentate. Partendo da sanificazione degli stabilimenti, tamponi, procedure standardizzate controllate dal medico di fabbrica.

Molte attività di tipo artigianale possono essere mantenute sotto controllo, come quelle per impianti elettrici, idraulici e costruzioni la cui la riapertura è già prevista nel DPCM di metà aprile (ma non per Piemonte e Lombardia).

Ma sono molte piccole e medie aziende che si troveranno di fronte a una riorganizzazione e a costi mai previsti: pensiamo al controllo accessi per i supermercati e le attività commerciali, alla necessità di riduzione dei coperti per i ristoranti. Al turismo, ai teatri e cinema.

E come riorganizzare i trasporti pubblici per assicurare la mobilità necessaria in queste condizioni restrittive?

Soldi ce ne sono, al di là delle nuove polemiche di bandiera fra Maggioranza e Opposizione.

Il famigerato MES è sospeso (afferma David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo) liberando risorse a cui ha diritto l’Italia per 37 miliardi. Inoltre ci verranno restituiti 11 miliardi di contributi UE da noi versati ma che siamo stati incapaci di far fruttare attraverso progetti di pubblica utilità. Finanziamenti tutti disponibili a condizione di usarli per spese e investimenti in ambito Sanità. Inoltre c’è la liquidità messa a disposizione delle Banche dalla BCE. Oltre alle risorse nazionali messe a disposizione dei vari DPCM.

Secondo Landini, segretario CGIL, occorreranno tre condizioni:

-Un grande progetto industriale, per fare in modo che le aziende non chiudano o de-localizzino dopo aver ricevuto finanziamenti

-Strumenti di controllo per garantire che nel flusso di denaro non si inseriscano le mafie locali (che, rispetto allo Stato ed alla sua burocrazia, hanno una rapidità di intervento molto più grande)

-Che la restituzione dei prestiti, perché la restituzione ci sarà, ci consenta tempi ragionevoli.

Ce la possiamo fare, anche perché molti nostri competitori si sono trovati nelle stesse condizioni.

 

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

 

Fonti

  • “Che tempo che fa”, RAI2 12 Aprile

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