Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

“Aletheia”: l’arte in presenza, finalmente.

Il ritorno graduale alla normalità può avvenire anche grazie all’arte: entrare in una galleria o in un museo, in condizioni di sicurezza,  curiosi e ricettivi di nuovi stimoli culturali.

Non è d’impatto immediato “Aletheia”, la personale della scultrice Berlinde De Bruyckere, classe ’64, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che ha riaperto al pubblico il 18 maggio, in unione simbolica con i musei che riprendono la loro attività nel nostro Paese.
Allo “svelamento” – significato del titolo della mostra, un’antica parola greca – il visitatore potrà pervenire attraverso la guida di una delle mediatrici culturali, servizio continuo e gratuito offerto nelle sale di via Modane 16. L’opera dell’artista belga vuole essere un percorso tra vita e morte: la vita nella sua forza istintiva e primordiale è espressa in Palindroom (2019), la sagoma di una cavalla impiegata negli allevamenti equini per la riproduzione degli stalloni.

Al contrario nella sala grande le sculture poggiate su bancali – cumuli di pellami destinati alla concia, come calcificati, riprodotti a cera e circondati di sale, nella realtà utilizzato per l’essicazione – rimandano agli “scannatoi” visitati dalla scultrice ad Anderlecht, nei quali sono trattate le pelli prima dell’invio ai laboratori  per la lavorazione. Se veniva “letteralmente travolta dalla quantità delle pelli e dalla quantità di morte”, la De Bruyckere comprendeva anche che in quei luoghi, con la concia, si dava un altro futuro a quei resti. E lo spazio poteva diventare il luogo della compassione e della cura, quasi rituale, dei materiali. L’idea della morte, di tutte le morti, spinge l’artista – e noi – alla riflessione sulle guerre contemporanee e sulla violenza di questo tempo.


Visitare oggi gli spazi di “Aletheia” può attivare angosce latenti, la desolazione del prima che abbiamo alle spalle e lo smarrimento per il dopo verso il quale stiamo andando, brancolanti e pieni di dubbi. Ci soccorre l’artista, a cui era stato chiesto, al tempo dell’inaugurazione (novembre 2019), se a proposito della sua opera fosse possibile utilizzare la parola ‘speranza’: C’è sempre nel mio lavoro un livello di speranza – aveva risposto – che dovrebbe portare su un altro piano, quello che crea la possibilità del futuro.

La Fondazione è sottoposta a una pulizia e sanificazione costante; verrà garantito il distanziamento tra un massimo di 15 visitatori in contemporanea. Per orari e modalità di prenotazione: http://fsrr.org/

Anna Scotton
annas@vicini.to.it

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