Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

GRANDI TORINESI

MARCEL BICH

 

Posta sulla facciata dell’elegante palazzo al numero 60 di corso Re Umberto sta una targa che recita: «Qui nacque Marcel Bich. Semplificò la quotidianità della scrittura».

Il barone Marcel Bich, nato a Torino nel 1914, non fece solo questo.

Nel suo laboratorio di Clichy, appena fuori Parigi, oltre la penna che ha cambiato il modo di scrivere dell’umanità nacquero il rasoio e l’accendino che avevano nella formula «usa e getta» la caratteristica che ne determinò il successo mondiale e duraturo.

Trasferitosi a Parigi con la famiglia, studiò legge alla Sorbona ma dotato di temperamento attivo ed intraprendente praticò diversi mestieri tra cui il venditore di lampadine porta porta.

Bich non fu un inventore, ma intuì il valore delle invenzioni altrui perfezionandole e sfruttandole su scala industriale .

Nel 1953 acquistò il brevetto di una penna a sfera dall’ungherese László Bíró.

Si stava già occupando da tempo di matite e penne stilografiche ma l’idea della penna a sfera lo conquistò.

Da circa trent’anni, molti ricercatori studiavano come ottenere risultati migliori da quell’idea, ma nessuno riusciva a garantire un prodotto efficiente. Lo stesso Bíró, che pure si dimostrò il piú geniale di tutti, non trovava una soluzione perfettamente funzionante. La sua penna si inceppava e perdeva inchiostro. Inoltre aveva il difetto di costare carissima e di non attrarre nessun tipo di pubblico.

Bich decise di lavorare sull’invenzione dell’ungherese.

Erano soprattutto due le questioni da affrontare: bisognava risolvere il problema della sfera, che si deformava troppo facilmente, e dell’inchiostro che non poteva essere né troppo fluido né troppo denso.

Il dilemma fu studiato in Svizzera, dove finalmente trovarono la lega ideale: il carburo di tungsteno.

Il barone chiamo Bic la nuova penna da lanciare sul mercato; previdentemente tolse l’h al suo cognome temendo l’ironia che poteva scaturire dalla sua pronuncia inglese.

Basò la campagna pubblicitaria sul bassissimo prezzo del prodotto. La Bic fu venduta a ventinove centesimi, che dopo qualche anno scesero addirittura a dieci. La penna non ebbe subito successo, costava troppo poco per essere uno status symbol ed era osteggiata dagli insegnanti che le attribuivano la colpa di peggiorare la grafia degli studenti.

Ma poco dopo divenne un successo: si dimostrò l’unica in grado di scrivere tra le dita di un astronauta, ossia con qualunque inclinazione e in assenza di gravità ; aveva l’involucro trasparente e quindi il suo possessore poteva verificare se stava per esaurire l’inchiostro; la sua forma esagonale non rotolava sui banchi che a quei tempi avevano la superficie inclinata.

In seguito il barone acquistò nel ’57 l’inglese Biro-Swan e nel ’58 il sessanta per cento dell’americana Waterman. Con l’usa e getta, che non si fermò alla penna, ma si estese al rasoio monolama e all’accendino, l’impero era creato.

Si era percorsa una lunga strada da quando Bíró aveva avuto l’intuizione della penna a sfera guardando alcuni bambini giocare a biglie e notando che le palline, dopo aver attraversato una pozzanghera, lasciavano sul terreno una linea regolare.

Bich, a questo punto della sua vita, si appassionò alla vela e al mare, acquistò scafi da competizione e decise di partecipare alla Coppa America da dove uscì più volte sconfitto.

Ma mise ancora a frutto la sua passione per il mare costruendo windsurf e kayak.

Diventato ormai anziano, lasciò ai figli ( ne ebbe 11)! il compito di occuparsi degli affari.

Il giorno della sua morte il 30 maggio del 1994 fu ricordato sui giornali con l’immagine di un accendino e la frase “Una fiamma si è spenta”.

Giulia Torri

giuliat@vicini.to.it

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