Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’opinione di due insegnanti sul film: il loro sguardo coglie gli aspetti innovativi di un modello educativo che, a più di un secolo di distanza, non ha perso la sua attualità.
Il lungometraggio di Léa Todorov, Montessori – La nouvelle femme, si sviluppa su due dimensioni: quella privata, più intima, della protagonista, e quella connessa al suo contributo pedagogico. La storia svela un lato segreto della dottoressa in medicina che nei primi anni del 1900 ha dato vita alla Casa dei Bambini e al “metodo” che porta il suo nome.
Ambientato tra Francia e Italia, il film racconta di come veniva utilizzato il Metodo Montessori: lo scopo era quello di “riabilitare” bambini e ragazzi disabili, ai quali venivano dati appellativi come “deficiente” o “demente” e che, all’epoca, erano emarginati e allontanati dalla società. Veniva, quindi, applicato principalmente un approccio medico, il quale si rifletteva sulla stessa terminologia utilizzata dagli esperti. Al giorno d’oggi quest’ultima è stata, fortunatamente, superata e questo rispecchia la maggiore sensibilità che caratterizza la società relativamente alle tematiche della diversità e dell’inclusione.
Maria Montessori è stata sicuramente una figura rivoluzionaria per gli ideali del secolo scorso: ambiziosa, studiosa, libera, materna e accogliente, soprattutto verso i più bisognosi, considerati un peso per la società, una vergogna. Il suo contributo è stato fondamentale poiché ha determinato una spinta verso un cambiamento radicale, soprattutto in ambito educativo.
Il metodo della pedagogista marchigiana, inizialmente applicato solamente con bambini e ragazzi con disabilità, ha permesso di raggiungere risultati stupefacenti relativamente alle sfere dell’autonomia e della libertà personale. Se un educatore moderno, considerando i progressi fatti nel campo dell’inclusione, si trovasse ad osservare il gruppo di ragazzi presentato nel lungometraggio, coglierebbe, sì, la lungimiranza del metodo basato sull’idea che gli stimoli ambientali giusti possono favorire l’indipendenza e la crescita personali. Tuttavia criticherebbe l’omogeneità e “ghettizzazione” del gruppo, composto solo da soggetti con disabilità, esclusivamente in relazione tra loro o con figure adulte.
“Per educarli bisogna prima di tutto amarli”.
Nel lungometraggio compare anche un’attenzione verso la dimensione emotiva, che si coglie nel racconto della vita privata della pedagogista e, al tempo stesso, nel suo lavoro di educatrice. Come sottolineato da Jasmine Trinca, attrice che interpreta egregiamente la Montessori, l’ingrediente fondamentale per una buona educazione è prima di tutto l’amore, elemento che la pedagogista non ha risparmiato con i suoi bambini, anche se tutto questo l’ha portata a dover fare grandi sacrifici…ma questo lo potrete scoprire guardando il film!
Con: Jasmine Trinca, Leïla Bekhti, Sébastien Pouderoux, Pietro Ragusa,
Voto 9/10
Nelle sale torinesi
Chiara Andreetta e Silvia Destro
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