Oltre 1 miliardo di tonnellate di cibo sprecato, il 60% in ambito domestico. Eppure, introduce Chiara Monzini, il raffrescamento, riscaldamento e la cottura dei cibi è tra i principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti. Non è il solo, ma, nel turbinio dei Master Chef che ci bersagliano dal piccolo schermo, stupisce un po’. O …forse no.
Perché è così difficile agire, modificare le abitudini che ostano al cambiamento? E’ il quesito che ci si poneva nell’incontro del 26 scorso in Cascina Roccafranca organizzato da Sportidea nell’ambito del progetto FareEco.
Francesco Bruno, laurea in Psicologia ambientale, moderatore, prende spunto dalla situazione che avevamo nel periodo pre-Covid. I giovani di tutto il mondo chiedevano di poter assicurare alle generazioni future lo stesso benessere di cui hanno usufruito quelle di oggi. Invece col Covid, tutto si è fermato. Cosa dicono gli esperti?
Francesca Piovesan, laurea in Psicologia e laurea magistrale in Psicologia ambientale. Dottoranda in neuroscienze cognitive, si occupa di Apprendimento, Motivazione e Declino cognitivo. Ha un gatto, Maurizio. Ci tiene a menzionarlo.
Decifrare le motivazioni e le barriere al cambiamento è un tema che riguarda la Psicologia applicata alla difesa dell’ambiente.
Cominciamo da come funziona il nostro sistema nervoso.
Abbiamo risorse limitate, quindi siamo portati a risparmiare energie cognitive. E tuttavia siamo abituati a risolvere problemi molto complessi, di continuo. A volte i problemi ci si presentano in modo imprevedibile: così usiamo dei modelli che cercano di anticipare la realtà, costruire un quadro delle possibili soluzioni cercando di fare ordine; e lo facciamo utilizzando esperienze precedenti.
Il cervello è una macchina predittiva. Se vedete un prato, l’immagine che vedete è quella che avete in testa secondo il concetto di “prato”. Ma se compare qualcosa di diverso, in più (stimolo) siete obbligati ad aggiornare l’immagine. Che so, marmotta e non prato. E questo tappresenta uno sforzo.
Agire contro il cambiamento climatico si scontra con tutta una serie di credenze radicate e di modi di ragionare. Sono i “bias” cognitivi: inclinazioni, disposizioni, tendenze personali. Pregiudizi. Che tendono a distorcere le informazioni.
E si presentano in vari modi. Come la tendenza a elaborare le informazioni in modo da confermare le nostre convinzioni (bias di preconcetti, o di conferma). E vale anche per l’effetto dell’esperienza; si ricorda meglio ciò che abbiamo sperimentato, e i cambiamenti climatici non lo sono stati finora; si percepisce meglio il contrasto, mentre i cambiamenti graduali sono meno percepibili (un grado e mezzo in più, che sarà mai…).
Tra i “bias” più gettonati, il “bias” dello “Status quo”, il timore dei cambiamenti (no all’auto elettrica), ma anche il sospetto di doversi allontanare dal proprio status economico e sociale. E comunque è difficile intravvedere, nel tempo, gli effetti dei comportamenti virtuosi, come di quelli dannosi.
Come si risolve? Sollecitare l’attenzione alla disinformazione. Comunicare senza toni apocalittici, privilegiare strategie anziché problemi, rendere tangibili i rischi. Educare all’azione: sottolineare l’importanza delle azioni del singolo.
Ultima osservazione: come ci si comporta con Negazionismo e complottismo. Mentre il negazionismo tende alla chiusura, a frequentare comunità che sostengono gli stessi convincimenti, il complottismo è frutto di un desiderio di raggiungere conoscenze attraverso i propri mezzi, e in questo senso è utile che i protagonisti vengano coinvolti, invitati a partecipare al dibattito.
Francesco Bianchi si occupa di psicologia comportamentale, è Master in Behavioral Economics e Nudging applicato al comportamento umano.
L’essere umano sfrutta la sua energia nei processi decisionali, come si accennava sopra.
Le regole per la sostenibilità sono note, se si va su Google si ritrovano tutte: non sprecare, come smaltire i rifiuti, eccetera. Tutte raccomandazioni corrette. Ma sono efficaci? Si chiede Francesco. In realtà sappiamo che solo il 17% di coloro che affermano di voler essere sostenibile si attiva per mettere in pratica tutti quei consigli.
E’ la differenza fra dire e fare. Non sempre prestiamo piena attenzione, non sempre abbiamo tutte le informazioni per decidere. Non abbiamo capacità cognitive illimitate e costante totale autocontrollo. Il tempo per prendere le nostre decisioni è limitato e tra l’intenzione e l’azione c’è una catena di piccole decisioni che si frappongono.
Di questo si occupa l’economia comportamentale, disciplina tra l’economia classica, la psicologia e l’etica. Dobbiamo investire le energie nel modo più corretto. Si parla di 35000 decisioni ogni giorno. Non possiamo dare a tutte la stessa importanza. Perché la prossima decisione potrebbe essere infinitamente più importante. Subentra quella che si chiama fatica decisionale: entri in una pizzeria, sai quali pizze sono nel menu, prendi sempre la stessa, ma chiedi “tu, cosa prendi?”
Tutto torna al comportamento umano.Il 62% delle emissioni nocive dipende dal comportamento umano.
Come è possibile, cui si chiede. che le persone nella foto usino la scala mobile e dopo qualche minuto si stravolgeranno di fatica in palestra? Il “Fattore umano” associato all’ influenza del contesto portano a decisioni che potranno essere funzionali o disfunzionali. L’essere umano sceglie la strada più semplice.
Ma possiamo agevolare certe decisioni, “riscrivere” le scelta, tra quelle prioritarie e quelle in secondo piano. E’ questa la funzione del “Nudge”: nell’ambito di una libertà di scelta, suggerire la scelta che va nella direzione del proprio benessere.
Francesco racconta un esperimento. In un parco pubblico sono spesso migliaia i mozziconi di sigarette gettate a terra. Viene fatta una ricerca tramite un questionario: la maggioranza è del tutto cosciente che in genere i mozziconi finiscono a terra. Il fenomeno risulta più marcato tra i giovanissimi. E vale anche per mezzi pubblici, spiagge, parcheggi. Di più quando il luogo non è sorvegliato. Si tratta di “pattern” comportamentali: abitudini consolidate associate a contesti specifici.
La consapevolezza del comportamento disdicevole si può ottenere con l’intervento preventivo e attrezzature dedicate. Così, nel caso citato, installando cestini appositi, niente più mozziconi a terra. Il feedback informativo, può poi consolidare il risultato: il posizionamento dei cestini viene segnalato.
Sono criteri che si possono applicare a tutti i luoghi pubblici, ma anche alla raccolta differenziata.
Infine, possiamo distinguere tra macrodecisioni e microdecisioni. Le Macrodecisioni sono quelle per cui occorre consapevolezza e serenità, e per rimediare a un errore occorre molto tempo; casi come l’acquisto di un’auto, il matrimonio.
Le microdecisioni, pur meno critiche, hanno questa controindicazione: avvengono a volte in momenti in cui non siamo del tutto consapevoli. Ecco dove sono utili le scienze comportamentali: fare in modo che la sostenibilità sia non solo la cosa desiderabile (in linea con la propria personalità, i propri valori) ma anche semplice, assecondando pertanto la tendenza a utilizzare al meglio tempo e convenienza.
“Esempi di “nudging” che hanno avuto successo?” viene richiesto dalla sala.
All’aeroporto de L’Aia si era verificato un serio problema di igiene nei servizi, ovviamente in quelli “uomo”. Viene così incisa una mosca nella tazza del water: conseguenza, la pulizia è migliorata in modo sorprendente. Motivo? “Target acquisition” è la definizione del “bias” che ha motivato i maschietti utenti sbadati.
Gianpaolo Nardi
gianpaolon@vicini.to.it
Nella foto di Patrizia Bonfratello i relatori
Francesca Piovesan francesca.piovesan@unito.it
Francesco, Well-Being Psychologist and Choice Architect. https://it.linkedin.com › in › francesco-bianchi-psicologo › en
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