“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

La grande ambizione, di Andrea Segre

Assistere al film di Segre dopo le ultime elezioni americane crea un doppio senso di straniamento:  per come l’approccio orientato al dialogo e la concezione morale  di Enrico Berlinguer siano distanti da temi e modi della politica italiana attuale, e per l’eco ancora viva della retorica estremizzata, delle posizioni provocatorie e divisive del prossimo inquilino della Casa Bianca.

Del resto siamo avvezzi  da tempo  a leader  che preferiscono parlare alla pancia dell’elettorato, e che puntano alle “piccole ambizioni (del proprio particulare)”  anziché  alla “grande ambizione (che è indissolubile dal bene collettivo)”, per usare le parole di Antonio Gramsci, riportate  in apertura del film. Infatti uno degli aspetti più riusciti del lavoro di Segre  è aver ricostruito, con senso di misura e fuori di eccessi retorici, l’opera paziente del politico sassarese di cui ogni gesto, ogni parola erano un mattone per la realizzazione di quel “compromesso storico” che costò la vita ad Aldo Moro, ossia l’alleanza politica fra le forze popolari di ispirazione comunista e socialista con quelle di ispirazione cattolica.

Il racconto biografico è incentrato sulla vita privata e pubblica di Enrico Berlinguer, dal viaggio in Bulgaria del 1973 fino al discorso della Festa Nazionale dell’Unità di Genova del 1978. Cinque anni nei quali si consolida la posizione di autonomia del Pci sia dall’Urss sia dalla Nato, e con l’eurocomunismo si delinea la “terza via”, per un modello di società più giusta, libera ed egualitaria in Occidente. Nel contempo si definisce la statura etica e umana di un politico animato da ideali dalle radici profonde: e che pur portando il Pci ad essere il più grande Partito Comunista d’Europa, privo di ogni presunzione narcisistica, continuò a sentirsene il “segretario”, con autentico spirito di servizio per la collettività.

Se l’ottima prova del protagonista Elio Germano gli è valsa  il  Premio “Vittorio Gassman” come miglior attore all’ultima Festa del Cinema di Roma, è valore aggiunto dell’opera il montaggio sapiente di filmati d’archivio e finzione.

Elezioni americane, si diceva: con Donald Trump anche oltreoceano si delinea una fase storica di attacchi ai diritti civili e sociali, con l’introduzione di leggi che restringono le libertà delle minoranze, delle donne, dei migranti. Pertanto suona  profetico l’ammonimento contenuto nel film: Non si può essere sempre sicuri e sereni che la democrazia regga.

Con: Elio Germano, Elena Radonicich, Paolo Pierobon, Roberto Citran, Andrea Pennacchi, Giorgio Tirabassi

Voto: 8,5

In questi giorni nelle sale torinesi.

Anna SCOTTON

annas@vicini.to.it

 

 

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