“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Smartphone come le droghe?

Una nuova sfida della consapevolezza educativa

È ormai sotto gli occhi di tutti: persone che camminano guardando lo smartphone, bambini in passeggino o al tavolo del ristorante con lo smartphone, genitori che ascoltano i figli guardando lo smartphone, riunioni nelle quali le persone hanno sempre sotto gli occhi (vigili sullo schermo) lo smartphone.

Fino a qualche tempo fa si sarebbe potuto pensare a cattivo costume o maleducazione, ora si sa che sta cambiando la società e sta rendendo dipendenti i giovani.

Una nuova dipendenza, esattamente come quelle chimiche della droga, che viene anche progettata a tavolino dalle grandi aziende informatiche: le Big Tech.

Come sempre i primi allarmi provengono dagli studiosi e dalle realtà nord americane, più soggette di noi alle innovazioni sociali e dalle quali, il più delle volte, la società italiana copia o si adegua.

Avvenire, quotidiano nazionale, scrive: “Ci sono solo due industrie che chiamano i loro clienti user: quella delle droghe illegali e quella dei software». La citazione è attribuita a uno statistico americano, Edward Tufte e riporta immediatamente l’attenzione sulla dipendenza da social media, che rappresenta la notizia del giorno: negli Stati Uniti, la città di New York ha confermato di aver avviato una causa contro alcune delle più grandi società di social media, tra cui TikTok, Snapchat, Facebook, Instagram che fanno capo a Meta e YouTube che fa parte di Google LLC.

Nello specifico, le big tech vengono accusate di aver provocato danni alla salute mentale dei bambini e degli adolescenti e di aver «alimentato una crisi mentale tra i giovani su scala nazionale a livelli che non si erano mai visti». Il sindaco di New York, Eric Adams, aveva anticipato la causa a fine gennaio. «Negli ultimi dieci anni abbiamo visto quanto il mondo online possa esporre i nostri figli a un flusso continuo di contenuti dannosi e alimentare la crisi nazionale della salute mentale dei giovani», ha affermato Adams. Oltre alla città di New York, tra i querelanti ci sono anche il distretto scolastico e le istituzioni sanitarie, secondo le quali le società proprietarie hanno «consapevolmente progettato, sviluppato, prodotto, gestito, promosso, distribuito e commercializzato le loro piattaforme per attrarre e creare dipendenza, con una supervisione minima da parte dei genitori».

Eppure c’è una notevole consapevolezza da parte dei giovani che cominciano a reagire a questa situazione pericolosa.

Un sondaggio pubblicato sul New York Times, i nativi digitali sarebbero in prima linea nel contrastare il “dilagato” fenomeno.

FQmagazine riporta la notizia così: “Più protezione, meno distrazioni e la lotta a un vero e proprio fenomeno di alienazione. Da pochi giorni, Meta ha annunciato una stretta sugli account Instagram dei minori, prendendo diversi provvedimenti tra cui, ad esempio, la limitazione dell’accesso a ‘contenuti sensibili e violenti’ e l’avviso della permanenza sulla piattaforma per più di 60 minuti. Troppa la preoccupazione generale, numerose le accuse contro una tecnologia che crea dipendenza, danneggiando la salute di bambini e adolescenti. Che i social siano pericolosi, è l’opinione di molti.

Contro ogni previsione, lo pensano anche i nativi digitali. Come riporta il New York Times, secondo un sondaggio condotto dallo psicologo sociale Jonathan Haidt, che studia l’effetto degli smartphone e dei social sulla salute mentale, il 45% della Generazione Z – coloro che hanno tra i dodici e i venticinque anni – sarebbe contraria a regalare un cellulare ai figli prima della scuola superiore. E non è tutto. Stando sempre ad Haidt e a un sondaggista dell’Harris Poll, Will Johnson, pochissimi rimpiangerebbero l’assenza di YouTube (15%), Netflix (17%) e Internet (17%), delle applicazioni di messaggistica (19%) e degli smartphone (21%), preferendo che i social non fossero mai esistiti. Le percentuali sono molto significative: il 34% della Gen Z non vorrebbe Instagram, il 37% Facebook, il 43% Snapchat e il 47% TikTok. Insoddisfazione generale per X (il vecchio Twitter), respinto dal 50% dei più giovani.”

La scrittrice Zadie Smith ha scelto di vivere senza smartphone e propone alcune interessanti riflessioni, sempre

Zadie Smith

su FQmagazine

Le opinioni degli altri sono importanti per me, come sono sicura che siano importanti per tutti. Il pensiero di essere esposta a queste opinioni ogni secondo di ogni giorno, di dover presentare la mia vita ad altre persone in una forma diversa da quella che esiste ogni giorno, come una presentazione mediatica: non riesco a immaginare come sarebbe la mia mente, come sarebbero i miei libri, come sarebbero le mie relazioni, come sarebbe il rapporto con i miei figli”, dichiara, intervistata dal giornalista Ezra Klein.” (…) Tutti i media ti modificano. I libri ti modificano, la televisione ti modifica, la radio ti modifica. La vita sociale di un villaggio del XVI secolo ti modifica. Ma la domanda diventa: da chi vuoi essere modificata e in che misura? – si chiede –. Quando guardo le persone che hanno progettato queste cose: cosa vogliono, quali sono i loro obiettivi, cosa pensano che un essere umano sia o debba essere…. Questi marchingegni non sono degni degli esseri umani che conosco e che amo”. E in effetti dal 2008, anno in cui le piattaforme social hanno cominciato a diffondersi, le persone che conosce sono in qualche modo cambiate.” (…) Tutti i mezzi di comunicazione in passato hanno avuto una capacità di catturare l’attenzione parziale. Quello che mi sconvolge e che penso sia il cambio di paradigma è che questo è totale . Quando salgo su un treno al mattino e guardo una carrozza, non c’è una sola persona che alzi lo sguardo dai propri telefoni. Questa è la mia domanda: cosa succede quando ci sono tutti? E non si tratta solo di un mezzo di comunicazione, ma anche del modo in cui si lavora e si vive. Cosa succede quando si entra nel mezzo di comunicazione e la propria vita è strutturata in questo modo?”.

L’organizzazione internazionale AVAAZ ha lanciato una petizione per l’UEAlla Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, e ai commissari McGrath e Virkkunen:

“Noi cittadini dell’UE, vediamo gli effetti che la dipendenza dai social media ha sulla nostra salute mentale e su quella dei nostri figli. Vi chiediamo di eliminare la dipendenza applicando rigorosamente la Normativa sui servizi digitali e di proibire le funzionalità che creano dipendenza, non contemplate dalla legislazione vigente. Le piattaforme dei social media devono smettere di fare soldi con le nostre vulnerabilità.”

Ma anche in Italia gli studiosi ci mettono in guardia.

Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, ha pubblicato vari studi tra i quali un volume, Vietato ai minori di 14 anni, nel quale scrive” A un anno e mezzo abbiamo regalato un triciclo a nostro figlio, dopo lo abbiamo fatto salire su una bicicletta, prima con le rotelle e poi senza. Col tempo, la bicicletta è diventata sempre più grande. Ora che ha tredici anni, magari il nostro ragazzo è alto un metro e ottanta, ma non per questo gli permettiamo di guidare una moto o un’auto. Con lo smartphone, il tablet o il computer dovrebbe funzionare allo stesso modo: dovremmo evitare che bambini e preadolescenti ne abbiano uno personale fino ai quattordici anni. La ragione è semplice: disporre di un dispositivo proprio che consente l’accesso alla rete non risponde ai loro bisogni e interferisce con la loro crescita. Il fatto che i nostri figli abbiano una confidenza che sembra innata con questi mezzi non significa che li sappiano usare davvero, che siano capaci di gestire la dipendenza o l’enorme esposizione che il mondo online, con i videogiochi o con i social, può dare (…)

Negli anni si è consolidata la consapevolezza del danno fatto dalle droghe, dall’alcol e dalle sostanze inquinanti l’ambiente.

Ora si tratta di acquisire consapevolezza sull’uso continuativo di oggetti, quali gli smartphone, che sono diventati indispensabili anche per usare servizi pubblici e privati che, addirittura, “ti riconoscono” esclusivamente attraverso questo dispositivo nelle nostre mani.

franco

direttore@vicini.to.it

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