“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Onde di terra, di Andrea Icardi

Tra storia sociale, pallapugno e letteratura

Bacialè, tavulinu, faccendiere, zitellaio: sono alcuni dei diversi modi regionali con cui nel passato si indicava il sensale di matrimoni,  intermediario tra le solitudini di giovani delle classi rurali nel nostro Paese.

Langhe, 1973: per intercessione di un “bacialè”, Fulvia arriva  dalla Calabria,  per  sposare Amedeo. Ma la donna dovrà presto fare i conti con la realtà di un uomo diverso da quello che aveva immaginato… Tocca il cuore  Onde di terra, bel film d’esordio di Andrea Icardi: regista, documentarista  e docente di tecniche di ripresa televisive in questi giorni ha presentato il suo primo lungometraggio nelle sale torinesi, registrando il tutto esaurito,  dopo l’altrettanto proficuo tour langarolo, che verrà ripreso nelle prossime settimane.

Il passaparola  fa bene a un racconto umanistico, che ha il ritmo lento dell’alternarsi delle stagioni nella campagna e l’energia dei momenti di gioco della pallapugno, lo sport  tipico del territorio e fil rouge della narrazione.

L’uso sapiente degli inserti storici in bianco e nero sulla realtà contadina insieme alle  riprese effettuate tramite l’uso del drone,  offrono uno sguardo inedito sulle “onde di terra” delle colline di Langa, accarezzate dalla  colonna sonora originale di Enrico Sabena.

Icardi, Onde di terra è un film sulla memoria. Perché ambientarlo negli anni ’70?

In quel periodo le città vivevano cambiamenti e lotte sociali mentre la campagna era rimasta ai margini, la vita vi scorreva più lentamente, con tradizioni radicate e una certa resistenza al progresso.

I  personaggi  principali maschili quali valori incarnano?

Remo rappresenta la cultura scritta e Amedeo quella orale. I libri hanno fatto conoscere al primo  Pavese e Fenoglio; il secondo ha acquisito il sapere sulla terra in modo naturale da suo padre, che lo aveva a suo volta ricevute dal nonno. Io mi ritengo figlio della cultura orale perché mi sono formato  attraverso le interviste agli anziani locali e forse questo ha conferito  maggiore autenticità alla storia.

A chi ti sei ispirato per questa vicenda?

Sono serviti tutti i materiali che  ho raccolto negli anni come documentarista e operatore video. Ho lavorato per i Granai della memoria dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, per la Fondazione Pavese e ho consultato  le  Techerai  per  filmati video sul mondo della pallapugno.

E’ un film di sguardi più che di parole

Non ho aggiunto parole che non c’erano: avevo rilevato che il vocabolario degli anziani  era limitato.  L’attore Paolo Tibaldi, (Remo del film) studioso di dialetto,  mi ha  fatto notare che nella parlata piemontese non ci sono espressioni per indicare i sentimenti, mentre esistono molti termini per indicare la terra e il lavoro dei campi. 

Come documentarista  filmi soggetti protagonisti di se stessi. Quali sono le differenze con la ripresa di attori?

La differenza fondamentale è che finalmente ho potuto far dire le battute scritte da me, mentre nelle interviste il protagonista è chi parla ed espone la sua storia.

C’è qualcosa che vorresti ancora far sapere su questo film?

Il cognome di Amedeo, Grimaldi,   è un omaggio a Piercarlo Grimaldi, ex rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Originario di  Cossano Belbo ha raccontato le Langhe in modo antropologico, introducendomi alla   tecnica dell’intervista.  E’ stato tra i primi a leggere la sceneggiatura di Onde di terra e a riconoscerne le qualità. Infine, per la volontà di ricordare  Fenoglio e “Una questione privata”, ho attribuito il nome Fulvia, forse improbabile al Sud, alla protagonista che  cerca riscatto e speranza altrove: un buon seme che avrebbe trovato al Nord una buona terra.

 Anna SCOTTON

annas@vicini.to.it

 

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