
Tra pochi giorni si festeggerà l’8 marzo e al di là dell’affetto che noi donne attempate portiamo ad una data che significò molto in tempi passati, occorrerebbe che la giornata susciti un dibattito condiviso sullo stato delle cose.
Passati i tempi delle suffragette e della vagina in proprio, superati alcuni scogli lavorativi (detto alcuni), appurato che il sesso, forse, si possa praticare secondo le proprie modalità e gusti, si potrebbe serenamente parlare di cultura femminile condivisa?
Oltre ad alcune scelte etiche e politiche di peso ( maternità surrogata, violenza di genere, educazione all’affettività) su cui si è capito che non esiste un pianeta donna coeso ed univoco, ci possiamo interrogare su alcuni aspetti, diciamo così folkloristici, del nostro manifestarci?
Una domanda da porsi è perchè le donne che in qualche modo maneggiano la politica hanno un modo così sciatto di affermare, all’interno del loro ruolo istituzionale, la loro appartenenza di genere. Sorvoliamo per un momento e per carità cristiana sull’abbaiare insulso, sull’affermazione di libertà fornita dall’altezza del tacco e compagnia cantando, la domanda è perché una leader donna di indubbio peso specifico debba affermare la propria forza manifestandosi come madre, donna e cristiana? Embè? Non era meglio dire sono la prima presidente donna del Consiglio in Italia? Che, voglio dire, cristiani lo nasciamo per abitudine, donne per capriccio specista, madri sono capaci in tante, ma presidente del Consiglio magari ci vuole abilità, come dice il Vasco nazionale.
E invece no, si ricade nel cliché anche quando si potrebbero cavalcare altre tigri. SI discute di borse taroccate laddove la donna normale, quella che tira avanti la baracca, impatta la realtà con una borsa della spesa sempre più vuota, con le borse sotto gli occhi per mancanza di sonno, e poi non mi vengono in mente altre borse ma ci siamo capiti. Ma le politichesse, devono essere come le attrici di una volta che ci si aspettava al di sopra della normalità, e non per niente si chiamavano dive? O dovrebbero essere delle donne normali nella realtà con in più la capacità di avere più strumenti per cambiarla?
Ed abbaiare all’avversario politico non ricorda il ballo del qua qua: ” le ginocchia piega un po’, poi scodinzola così” facendoci prosaicamente pensare ad un tacco 12 difficilissimo da portare per noi donne più che normali?
Insomma è così difficile essere politiche e non macchiette?
Buon 8 Marzo a tutti!
Giulia Torri
giuliat@vicini.to.it
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