
L’eco dell’elezione papale ha sicuramente ravvivato l’interesse per il film Conclave, ancora saldamente in programmazione nelle sale torinesi. Agli occhi del cinefilo – che come tutti seguiva negli scorsi giorni la scelta del successore di Bergoglio – il film di Berger ha richiamato Habemus papam ( 2011) di Nanni Moretti, opera altrettanto riuscita per valore artistico e potenza espressiva, seppure girata con diverso stile narrativo. Nel film del regista romano la caduta nella depressione e nel panico da parte del prescelto al soglio pontificio (l’attore Michael Piccoli in una performance memorabile), per la sensazione di inadeguatezza rispetto alle responsabilità previste dal ruolo, aveva i toni della commedia grottesca e umana. Anche la pellicola di Berger racconta in modo non idealizzato il processo di elezione papale, ma combina la gravità del dramma con la struttura incalzante del thriller. La vicenda ruota intorno alla figura del decano Thomas Lawrence (un eccellente Ralph Fiennes), che presiede il collegio cardinalizio: l’uomo sarebbe a sua volta papabile, ma dubita sia della forza della propria vocazione sia della Chiesa medesima. Entrambi i film sembrano riconoscere che, se storicamente il papato ha rappresentato un potere saldo, autoritario e dogmatico, i profondi cambiamenti del mondo contemporaneo da tempo hanno finito col richiedere al massimo rappresentante del cattolicesimo la funzione di guida pastorale e morale. E’ accaduto nei confronti di Francesco, in virtù del suo esercizio del pontificato, del linguaggio accessibile e della concretezza dei temi che ha affrontato, come ambiente, povertà, migrazioni e pace. Di conseguenza le aspettative di società civile, media e leader politici hanno finito per collocare il Vescovo di Roma al centro del dibattito politico globale, attribuendogli il compito arduo di coscienza etica dell’umanità, più che di autorità solo religiosa.
Nel film di Berger questa istanza – sottesa a giochi di potere e rivalità interne tra le diverse correnti cardinalizie – è resa dal ritmo teso del racconto e, visivamente, attraverso una fotografia curata e suggestiva, con l’uso sapiente delle inquadrature che esaltano la carica evocativa degli spazi chiusi del Vaticano (ricostruito a Cinecittà). La scrittura ha tratto forza dalla solidità del romanzo di Robert Harris (2016), meritando l’ Oscar alla miglior sceneggiatura non originale. I dialoghi profondi e intensi tra i protagonisti coinvolgono lo spettatore e rivelano come la figura del papa sia oggi partecipe e in qualche modo interprete della dimensione complessa del reale. E attraverso il colpo di scena nel finale di Conclave, il cardinale Benitez, che diventa papa Innocenzo XIV, porta nella propria carne, simbolicamente, questa complessità. Del resto, “Se ci fosse solo la certezza e nessun dubbio, non ci sarebbero misteri. E quindi nessun bisogno di fede.”
Con: Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow, Sergio Castellitto
Nelle sale torinesi
Voto: 8/10
Anna Scotton
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