“La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore”

Papa Francesco

 

Il film Le assaggiatrici all’Agnelli

Ne parliamo con il regista Silvio Soldini, in sala anche Rosella Postorino

Il Salone Off è una delle iniziative più meritevoli e inclusive del Salone Internazionale del Libro di Torino: creato per ampliare il raggio d’azione della rassegna oltre i padiglioni del Lingotto, porta libri, autori, eventi e dibattiti nelle periferie urbane. Ed è  generoso che un regista pluripremiato scelga di  presentare il proprio film in uno spazio meno convenzionale oltre che decentrato: accadrà il 18 maggio, alle ore 21, al Cineteatro Agnelli (Via Paolo Sarpi 111, Torino), dove Silvio Soldini accompagna la proiezione de Le assaggiatrici, presenti anche la scrittrice Rosella Postorino, i produttori Cristiana Mainardi e Lionello Cerri e lo scrittore Alessio Romano; modera Edoardo Peretti. L’evento speciale di Parole&cinema è promosso  in collaborazione con l’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC).

Attraverso numerose storie al femminile(Le acrobate, 1997; Pane e tulipani, 2000; Giorni e nuvole, 2007), Soldini ha adottato uno sguardo consapevolmente rivolto a esplorare la condizione delle donne, anche in contesti di violenza domestica(Un altro domani, documentario, 2021). Le assaggiatrici è basato sulla testimonianza di Margot Wölk ( 1917-2014), sfollatanel 1943 da Berlino nella Prussia Orientale e costretta a far parte della squadra di incaricate a testare quodianamente il cibo destinato al Führer. La vicenda, su cui si era documentata a suo tempo la Postorino – premio Campiello 2018 per il libro – è un ulteriore tassello nella ricostruzione degli infiniti crimini e della disumanità in tempo di guerra, offrendo spunti di riflessione su ciò che rischia di ripetersi se non ne conserviamo memoria.

Soldini, perché ha scelto di raccontare questa storia?
I produttori del film avevano opzionato i diritti del romanzo di Rosella Postorino da almeno due-tre anni. Esisteva già una sceneggiatura e me l’hanno sottoposta. A quel punto ho letto il romanzo che non conoscevo: è stata questa lettura a convincermi entrare a far parte del progetto.C’è stata collaborazione con l’autrice?
Rosella non ha partecipato attivamente alla  sceneggiatura però l’ho sempre tenuta informata; è venuta a trovarci sul set e la mia soddisfazione più grande è stata che – visto il film – mi ha detto che avevo preservato il cuore del romanzo.

E’ stato il suo battesimo con il film storico. Che problemi ha comportato?
Temevo di non raggiungere la verosimiglianza visiva, però ci ha aiutato la scelta felice degli attori, in specie la protagonista; inoltre, anche grazie al lavoro dei reparti scenografia, costumi e trucco e parrucco, abbiamo ottenuto un risultato in grado di coinvolgere lo spettatore e di farlo immergere nella realtà storica rappresentata.

Perchè ha scelto di dirigere un cast straniero e di girare in lingua tedesca?
Sono scelte nella direzione della ricerca di verità; è stato fatto un casting estremamente accurato a Berlino per individuare volti credibili e coerenti con una storia ambientata in Germania nel ’43.

La costrizione delle protagoniste non dipende dall’ essere prigioniere nè tantomeno ebree, ma dall’essere donne.
Quello delle assaggiatrici di Hitler era un incarico imposto: si trattava di una forma di violenza e sopraffazione, perché significava esporle ogni giorno al rischio concreto di morire avvelenate e loro si trovavano in una condizione di paura, di ricatto e di vulnerabilità.

Lo sguardo femminile che lei spesso ha scelto per i suoi film offre una chiave interpretativa diversa della Storia?

Rispetto alla Storia con la maiuscola, le protagoniste rappresentano tutte le donne che subiscono le conseguenze della guerra e, al tempo stesso, si interrogano sul senso della violenza, sulla perdita, sul dolore.

Ha adottato particolari scelte estetiche o narrative (luci, colonna sonora…)?
Per me era fondamentale riuscire a lavorare sulla dimensione di realtà, di verità insieme alle diverse figure creative, come le attrici, persone con cui tenevamo la stessa rotta. Molti spettatori che quell’epoca l’hanno vissuta mi hanno detto che si sono ritrovati nel film. Per quanto riguarda la fotografia, con Renato Berta ci siamo ispirati ad alcuni scatti d’epoca che lui mi ha mostrato, realizzati su pellicola tedesca Agfa. Quei toni di colore ci hanno guidato nella costruzione visiva del film. Il tema della colonna sonora, composta da Mauro Pagani,  mi ha colpito subito, mi sembrava giusto, necessario.

Che risonanza può avere questo film nello spettatore oggi?
Si tratta innanzitutto di aumentare la consapevolezza. Più di una volta mi è capitato che, dopo una proiezione, mi chiedessero se fosse voluto quel gioco di riflessi, il parallelismo tra passato e presente. In realtà non è stato  pianificato, ma certe connessioni sono nate mentre realizzavamo il film. “Le assaggiatrici” circola anche nelle scuole, e credo sia importante, in un momento in cui la violenza e la guerra li sentiamo avvicinarsi a noi.

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

 

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


*