“La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore”

Papa Francesco

 

SalTo: essere giovani oggi

Anche nell’ultimo giorno di questo SalTo25 monstre – che ha chiuso con un nuovo record di spettatori, 231mila, contro i 222 mila  raggiunti nel 2024,  in aumento la presenza della Gen Z, segnalata dal boom di vendite di libri fantasy e romance –  gli eventi hanno offerto l’opportunità di approfondire  temi cruciali di questo tempo attraverso voci e prospettive diverse. Una selezione di appuntamenti hanno puntato, ad esempio, i riflettori specificamente sui giovani, entrando nel cuore dei loro sogni, vulnerabilità e desideri.

Stefano Rossi, uno tra i massimi esperti di adolescenza del nostro Paese, ha indotto alla riflessione: Come educare i nostri figli? L’adolescenza è un tempo di distacco e scoperta: i ragazzi cercano sé stessi nella distanza dai genitori,  mentre questi ultimi specularmente affrontano  un lutto silenzioso. Agli adulti serve pazienza, fiducia e amore per accompagnarli tra le “quattro isole”: del sé, dell’amicizia, del desiderio e dell’amore, attraverso la cura e l’ascolto. Il relatore ha insistito sulla necessità di educare i giovani all’affettività, alla distinzione tra possesso e libertà nella relazione amorosa. Occorre un’alleanza tra scuola e famiglia nel  fornire ai ragazzi strumenti per riconoscere e rifiutare relazioni tossiche, aiutandoli a sviluppare empatia e autostima, qualità fondamentali per impostare i giusti confini nella relazione con l’altro. Occhio, però, al genitore “scultore”, che vuole modellare il figlio secondo un’idea precisa, spesso spinto dall’ansia di farlo diventare “perfetto”. Questo approccio rischia di ignorare l’unicità e le naturali inclinazioni del ragazzo. Al contrario,  il buon genitore “floricultore” ha  fede nelle potenzialità di chi ha messo al mondo, ne accetta l’unicità, anche se “storta” come una Torre di Pisa, perché è proprio in quella  diversità che risiedono bellezza e forza. Scrivere una lettera  può essere un gesto di amore profondo: le parole affidate alla pagina restano nel tempo, rafforzano il legame e aiutano il figlio a sentirsi compreso, amato e accompagnato nel suo cammino evolutivo.

Ulteriori risposte e chiavi di lettura sono emerse dal dibattito Fragilità. Una parola creatrice, con frate Roberto Pasolini e la giornalista Monica Mondo, moderato da Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Così a suo tempo Ungaretti ha espresso la precarietà dell’esistenza, indicando la fragilità come condizione tipica dell’essere umano. Essa oggi assume nuove forme, soprattutto tra i giovani: i codici culturali che un tempo guidavano il comportamento e il pensiero sono venuti meno. In questa libertà, la fragilità può emergere in modo più aperto, anche se spesso viene stigmatizzata, vissuta come una malattia o un’anomalia da correggere. Al contrario, essa è parte della nostra umanità e non va né negata né imbavagliata, ma riconosciuta e accolta. Evitiamo di pensare che quando i giovani la manifestano  “hanno un problema”, di fissarli in questa fragilità come se fosse un difetto permanente, dimenticando che può essere anche indotta da una società centrata sul “divertissement” , dove non si chiede scusa, non si esprime gratitudine e tutto ruota attorno all’”ego”. Essere fragili significa essere nudi, esposti. Riconoscere la fragilità non è una resa, ma un atto profondo di umanità.

Un gruppo di studenti si è confrontato con Matteo Lancini, psicologo e autore di Chiamami adulto, sul modo in cui i giovani sono spesso descritti dai media: fragili, smarriti, senza valori. Ma chi lavora con gli adolescenti sa che dietro certi comportamenti c’è un disagio profondo. L’uso di droghe, ad esempio, oggi è spesso fuga dal dolore, non trasgressione. Occorre ascoltare, riconoscere emozioni e motivazioni. I ragazzi si formano in un contesto “on life”, senza confini tra reale e virtuale, e affrontano una crisi di alfabetizzazione emotiva. Parlano di più, ma trovano adulti distratti o giudicanti. Famiglia e scuola tendono a proteggere dalle emozioni scomode, impedendo  una vera educazione affettiva.  Il cambiamento deve partire dagli adulti, che devono riconoscere i propri limiti e aprirsi a un ascolto autentico. La scuola ha un ruolo fondamentale, non solo educativo ma anche relazionale. Lancini critica la tendenza a colpevolizzare internet o i giovani per la dispersione scolastica, sottolineando invece la responsabilità degli adulti nel non saper cogliere i reali bisogni dei ragazzi. Solo così si può contrastare davvero l’esodo scolastico e si favorisce la crescita personale, affettiva e sociale dei giovani.

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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