Certe volte le cose avvengono in tempi così perfetti da sembrare filmici. Il ciuffo biondo più iconico del cinema americano se ne è andato in silenzio, per fortuna sua nel sonno, lasciando un palcoscenico che doveva essergli diventato insopportabile. Quell’America* che molti di noi hanno amato pur riconoscendone i limiti, non esiste più; e anche se noi giovani di quegli anni l’abbiamo salutata da un bel pezzo, rimane l’amaro in bocca delle promesse non mantenute. Robert Redford rappresentava l’America migliore, quella che si sta sgretolando sotto i nostri occhi lasciando il posto ad un vuoto pieno di rancore senza speranza. Il paese accogliente, garanzia di opportunità per tanti, i grandi spazi senza muri, il riconoscimento dei nativi, il giornalismo d’inchiesta capace di rovesciare la politica corrotta, quell’America che tutti noi volevamo attraversare da costa a costa per ascoltarne la musica e addentarne l’ottimismo è sparita, inghiottita da un tempo che la ripudia.
Il “Come eravamo” di Robert Redford, diventa metafora, insieme a quella delle storie d’amore più belle perché impossibili, dell’incapacità di scegliere la strada migliore, o di scartarla per debolezza, paura, interesse.
Il nostro bell’ americano se ne è andato, così non vedrà il peggio. E quella mitica route 66 non ci porterà più da nessuna parte…che tristezza.
*Parlo di America anche se so che è scorretto, ma per intendere quell’America non si poteva parlare di USA.
Giulia Torri
giuliat@vicini.to.it
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