Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Intervista a Luigi

“Vicini” ha raccolto quattro testimonianze di ex detenuti della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno. Questa è l’intervista a Luigi (nome di fantasia che corrisponde a una persona reale).

Com’è la concezione del tempo all’interno del carcere? Da cosa è scandito il tempo durante la giornata? Si può avere il proprio orologio?
La giornata è scandita da piccole cose da fare ed è sempre uguale tutti i giorni, molto ripetitiva: ti alzi, fai colazione, alle 9 per esempio (dipende dal carcere) vai all’aria a passeggiare magari fino alle 11, poi rientri, pranzi e al pomeriggio ci sono di nuovo un’ora o due di aria dove passeggi, giochi a pallone, giochi a carte ecc..
L’orologio puoi averlo ma non di valore. Puoi averlo di plastica, più che altro si usa lo swatch trasparente perché vogliono che si veda dentro il meccanismo per assicurarsi che non si faccia passare nulla tramite quello. L’orologio è l’unica cosa che è permessa: anelli, catenine d’oro e così via no perché si potrebbe creare un commercio di droga.

Che attività sono proposte ai detenuti?
Quando sono stato alle Vallette l’ultima volta dei volontari venivano una volta a settimana e facevano pitturare. Ci sono anche dei corsi ed hai la possibilità di studiare; qui a Torino c’è ad esempio il corso di giardinaggio, mentre a Fossano ho frequentato il corso di elettricista al termine del quale mi hanno dato un attestato.

Come funzionano le visite? Possono entrare a far visita sia parenti che amici?
Parenti sì, amici pure, basta che abbiano la fedina penale pulita. Si deve fare domanda al direttore e lui decide se la persona in questione può o meno venire a farti visita.

E’ più difficile costruire un rapporto di amicizia in carcere?
Nel carcere delle Vallette la vita si svolge in pochi metri quadri in cui si deve mangiare, fare i propri bisogni (c’è il wc, non la doccia) e devi convivere con persone che a volte non ti piacciono e la convivenza può diventare pesante. Alle Vallette si è in due in una cella e si ha un letto a castello. Mi è capitato di stare anche con persone con cui avrei preferito non stare. Si può chiedere di cambiare cella ma il cambio di compagno è anche garantito dal fatto che magari il tuo compagno di cella finisce di scontare la sua pena ed esce liberando il posto per qualcun’ altro.
Posso dire che quello che ritengo il mio migliore amico l’ho conosciuto in carcere anche se l’amicizia si è formata soprattutto quando ci siamo ritrovati fuori.

Anche all’interno della sezione dei maschi ci sono diverse sezioni?
Sì, quella che si distingue di più dalle altre è la sezione in cui mettono spie, pedofili, stupratori e via dicendo che altrimenti verrebbero picchiati dagli altri detenuti. Poi c’è la sezione speciale, la 41 bis, dove ci sono i mafiosi.
C’è anche la sezione in cui ci sono detenuti che devono scontare tanti anni e che qui hanno la possibilità di studiare e fare corsi anche più completi, paradossalmente chi deve trascorrere tanti anni in carcere vive meglio. E’ anche la sezione più tranquilla perché chi deve passare tanto tempo in carcere vuole stare tranquillo, chi ci sta solo pochi mesi dà filo da torcere e cerca discussioni.

Com’è il rapporto con le guardie?
Qua a Torino più che rapporto è scontro. Quello delle Vallette non è un carcere, non so come definirlo. Sono stato in parecchi carceri in Piemonte e all’estero e non ne ho mai visti come qui a Torino: se stai male puoi morire in carcere, mio fratello è morto in carcere perché non è stato curato. Ad esempio se stai male di notte, prima che qualcuno venga a chiederti cos’hai passano delle ore. E’ difficile anche parlare con qualcuno come uno psicologo o assistente sociale; una volta ho richiesto di parlare con la psicologa ma, per come mi è sembrato, non era così disponibile e il fatto che ci fosse una guardia di fianco a noi mi ha bloccato nel parlare, non è piacevole che qualcuno a cui non competa ascolti i tuoi fatti privati.

Che ruolo hanno i volontari all’interno del carcere?
Io li ho incontrati solo l’ultima volta che sono entrato e quello che fanno, almeno che facevano quando c’ero io, era più che altro aiutare se c’era bisogno di un favore come chiedere di telefonare a parenti oppure procurare qualcosa di cui si aveva bisogno.

Quali sono le difficoltà maggiori che ha riscontrato nel vivere in carcere?
La difficoltà risiede nell’ottenere le cose che ti spettano di diritto, faccio un esempio: il carcere dovrebbe dare una fornitura mensile di sapone, dentifricio ecc..cosa che alle Vallette fanno ma non così scrupolosamente. Sono stato invece al carcere di Fossano e lì ogni mese ti davano dentifricio, spazzolino, lametta per la barba ecc…
Per stare bene, almeno dal punto di vista della soddisfazione dei bisogni primari, devi avere parenti o amici che ti danno dei soldi per comprare tramite lo “spesino” le cose di cui hai bisogno ma che il carcere non ti passa. Per fortuna ci sono i volontari che danno una mano e passano magari lo shampoo o altre cose di cui hai bisogno, però non dovrebbe essere così, dovrebbe occuparsene l’amministrazione carceraria.

Come è stato il reinserimento nella società dal punto di vista lavorativo? Ci sono agevolazioni o aiuti per gli ex detenuti?
Non c’è alcun tipo di aiuto o agevolazione per trovare lavoro; qualcuno può avere la fortuna di essere inserito in qualche programma, ma la maggior parte delle volte esci e sei abbandonato a te stesso. Nel mio caso mi sono preoccupato io quando sono uscito. Dal momento che avevo già una certa età e solo un attestato da elettricista in mano senza aver mai fatto pratica, era difficile trovare lavoro e così mi sono rivolto al volontario con cui avevo avuto rapporti in carcere. Questo signore mi ha consigliato di andare all’Ufficio Pio di Torino dove c’è un programma di nome “Logos” che aiuta gli ex detenuti nel reinserimento nel mondo lavorativo.
Il carcere non ti aiuta, non ti mette nemmeno a conoscenza dei programmi che esistono per il reinserimento degli ex detenuti, se non avessi chiesto personalmente a quel signore non sarei mai venuto a conoscenza di “Logos”.
Anche l’attestato da elettricista che ho preso in carcere non mi è stato utile, vale poco o niente per il fatto che il corso è durato 4/5 mesi e in un lasso di tempo così ristretto non impari molto e inoltre serve la pratica che in carcere non puoi fare.

Trova che il carcere promuova la rieducazione dell’individuo o che si ponga più in ottica punitiva nei suoi confronti? Secondo lei deve partire più dal singolo individuo l’impegno nell’intraprendere un percorso rieducativo o deve essere più promosso dal carcere?
Per come la vedo io non c’è niente di rieducativo nel carcere. Fanno delle piccole attività solo perché costretti dalla legge ma per come è strutturato può anzi peggiorare l’individuo; se entri in carcere per un furto da poco, esci da lì che sei peggio di prima, in questo senso è una palestra, puoi acquisire contatti con chi fa furti più grossi e anche altri tipi di reati per il semplice fatto che erano nelle celle vicine alla tua.
Sì, deve partire dal singolo individuo l’impegno nel cambiare percorso di vita, soprattutto qui a Torino: per chi non è mai stato in carcere è uno choc entrarvici. Una delle volte in cui ci sono entrato, siccome era sovraffollato, mi hanno fatto stare con più di cinque uomini per 10/15 giorni in una stanza che non era adibita ad ospitare detenuti per cui non aveva nulla di ciò che vi si dovrebbe trovare, cioè gabinetto, piano cottura, televisione e letti. Per fare i propri bisogni ci si doveva adattare ad utilizzare una bottiglia, sempre se c’era, e dormivamo su dei materassi per terra.
A parte questo che è un caso eccezionale, quando arrivi in carcere ti mettono in una sezione che si chiama “Nuovi giunti” in cui ci sono celle dove non c’è niente, nemmeno qualcosa per passare il tempo: è una desolazione.
L’ultima volta che sono stato in carcere era inverno; nella sezione in cui ero io, al fondo e a metà corridoio c’erano delle vetrate, almeno dovevano esserci, perché di fatto i vetri non c’erano.
Abbiamo protestato perché morivamo di freddo, è venuto su il comandante della sezione e il massimo che ha fatto è stato autorizzarci a mettere del cartone per tappare i buchi.
Se già le condizioni in cui si tengono i detenuti sono queste, è difficile che venga promosso un percorso rieducativo vero e proprio.

Quali stereotipi pensa che ci siano riguardo al carcere?
Le persone pensano che chi è stato in carcere sia cattivo: non è così; è l’unico stereotipo che mi venga in mente; è da quando sono giovane che frequento il carcere, non so che stereotipi si abbiano su di esso.

 

Chiara

chiaral@vicini.to.it

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


*