Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Pillole di Salone. Carlo Verdelli e la nuova Repubblica. “Leggere può creare indipendenza”

Pesa, al nuovo direttore, dover mandare in pensione la gloriosa prima pagina di Repubblica. Che per oltre quarant’anni è stata la forza del giornale. Nel 1976, tutti i giornali avevano la stessa architettura; formato “broadsheet”, editoriale, taglio alto, taglio basso, spalla. Lì nasce il primo giornale in formato tabloid. Un giornale che diminuisce i titoli, li rende evidenti. Che dichiara il proprio modo di raccontare.

Ma è ora di cambiare. I giornali sono esseri viventi. Dieci anni fa, dice Verdelli, quello che stiamo dicendo qui non sarebbe uscito da questo luogo, al massimo qualche diligente agenzia di stampa avrebbe dato la notizia con un trafiletto. Oggi, i ragazzi che sono qui stanno trasformando il mondo. Serve cambiare, ma non solo nella grafica, serve una messa a fuoco di quello che vuole essere il giornale nel nostro tempo.

Carlo Verdelli, da poco più di due mesi direttore di La Repubblica, presenta il nuovo giornale. Cosa troveranno i lettori in edicola il 14 prossimo? Il claim è “Repubblica alza la voce”: non che non fosse un giornale con una voce forte, anzi, molte erano le voci, alcune divisive come quella di Giorgio Bocca. Un giornale che si collocava sempre nel punto in cui ti aspettavi di trovarcelo.

Repubblica non è un giornale di partito, sostiene Verdelli. E non è neppure un giornale ideologico.

Non abbiamo mai lesinato critiche nei confronti dei grillini, ma è sembrato doveroso sostenere la Raggi nella sua testimonianza di solidarietà nei confronti della famiglia rom aggredita a Roma per impedir loro di occupare l’alloggio assegnato. E allo stesso tempo nel criticare Di Maio che commenta: “prima gli italiani poi i romani”, poi… No, prima ci sono i diritti.

Cosa significa alzare la voce. Intanto, alzare di un punto il corpo dei caratteri. Che da un lato viene incontro all’utenza (la cui età media si è alzata a sua volta!), dall’altro comporta meno titoli. Ma anche ad una scelta più incisiva nei titoli. “Le volpi e l’IVA” titolava qualche giorno fa. Poteva starci “la beata illusione dei due viceministri…” . “Lega e grillini schierati contro l’aumento dell’IVA”. Ma un titolo in poche battute ironiche risulta più incisivo. Oppure “mazzette e mazzate”, “Il governo sono due”.  La giornata politica in due parole. Un linguaggio decisivo, contemporaneo.

Verdelli descrive questa forma di linguaggio sintetico con un termine coniato da Wim Wenders “informotion” una crasi fra information ed emotion. Molto più efficace di una sintassi ricca ma prolissa.

Ed ecco il vero cambiamento: un cambio del linguaggio. Esiste un pezzo d’Italia che non si sente rappresentato dall’attuale governo, e occorre lavorare per un’alternativa che non è un partito e neppure la sola sinistra. Qualcosa che includa il terzo settore, le cui risorse sono state prosciugate, i cattolici, una certa destra che si riconosce nei valori che sono del Paese, non di singoli.

Altro aspetto. Chi, leggendo, sta seguendo il filo di un ragionamento non vorrebbe avere degli ostacoli sul suo percorso.  La sintassi di un giornale deve avere una sua cadenza. Quindi, dice ancora Verdelli, dobbiamo rimuovere tutti gli intoppi: tutti gli inserti (affari e finanza, salute, che so, guida ai consumi) usciranno dal corpo principale del giornale, e così saranno a parte anche le (numerose) edizioni locali.

Un ultimo punto, una promessa al lettore: “siamo noi a dover fare fatica per non farla fare al lettore. Per spiegare bene al lettore cose che per noi sembrano scontate”.

Verdelli chiude con un motto, catturato in chissà quale lettura: “Leggere può creare indipendenza”. Lo adottiamo.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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