L’undici febbraio, con la redazione, ci siamo recati in visita ai Bagni Pubblici di Via Aglié 9.
Situati nel cuore del quartiere Barriera di Milano, questi bagni dal lunedì al venerdì sono un crocevia ininterrotto di etnie e nazionalità diverse. Chiunque, a prescindere dal credo religioso o colore della pelle, è benaccetto!
Nella difficile congiuntura storica che stiamo attraversando, ben l’85% dei frequentatori abituali dei Bagni Pubblici di Via Aglié è di origine straniera: anche se, accanto al lavavetri maghrebino o al mendicante rom, si possono facilmente trovare dei nostri connazionali.
La crisi morde e costringe le persone, ahimè, a rinunciare ad un bene essenziale il cui accesso non dovrebbe essere mai precluso: il diritto al decoro e all’igiene personale.
Ciò che mi ha lasciato piacevolmente colpito dalla visita è il melting pot che si respira, intendo il crogiolo di culture che pervade tale struttura. Probabilmente, ogni giorno, a mettersi in coda per una doccia calda transiteranno i personaggi più disparati, per estrazione sociale o esperienza vissuta: clochard, musulmani, prostitute, pusher, ragazze madri, senzatetto, sieropositivi, tossicodipendenti, vagabondi, etc. . .
Storie diverse, talvolta legate a filo doppio da un comune ed infausto destino, che si intrecciano nella cura del proprio corpo. Certo, la convivenza non deve essere facile! La condivisione in tanti di uno stesso spazio, peraltro ristretto, crea spesso attriti.
Così, proprio per venire incontro alle esigenze di pudore femminile assai avvertite nell’Islam, martedì e venerdì mattina le docce sono riservate esclusivamente alle donne. E proprio le donne, o meglio due bambine probabilmente sorelle, hanno suscitato il mio interesse a fine visita.
Avranno avuto dieci e otto anni ciascuna ed erano intente, dopo essersi lungamente asciugate i lunghi capelli neri, a sistemarsi il velo in testa. Le loro manine si muovevano con naturale scioltezza mentre, specchiandosi, posizionavano con destrezza il loro niqab sul capo. Improvvisamente irrompe sulla scena la loro mamma. Le guarda teneramente e poi, dopo aver sorriso alla più grande, accarezza il volto della piccola per sistemarle meglio il velo.
Un gesto essenziale, minimo . . . forse ripetuto da quella giovane mamma centinaia di volte, ma a me ha letteralmente ammaliato. Da un lato l’amorevole tenerezza e, dall’altra, la disarmante eleganza con cui quella donna si è rivolta alla figlioletta mi hanno confermato che alcune qualità sono innate nelle persone, non possono essere insegnate.
Quella giovane mamma era profondamente umile, certamente non in ghingheri o con la borsa cofanetto di Luis Vuitton appesa al braccio destro! Eppure nel suo portamento, nel suo taglio degli occhi, nella foggia orientaleggiante della sua veste c’era un qualcosa di regale, di magico . . . qualcosa che, ai miei occhi, l’ha fatta apparire un’odalisca uscita da una novella de Le mille e una notte . . .
E’ proprio vero, la classe non è acqua e io una donna di indubbia eleganza, sembrerà assurdo, l’ho trovata un pomeriggio all’interno di un bagno pubblico dove la preziosa acqua, per i frequentatori di tale struttura, è il principale polo d’attrazione.
Lorenzo Beatrice
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