Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Insomma: che differenza c’è tra MES e Eurobond?

E’ questo il tema che emerge nell’Informazione oltre ai riti giornalieri dei numeri del contagio e della passerella dei virologi di riferimento nei talk show. Intanto: Il MES è un’organizzazione intergovernativa. Le altre voci, Recovery Fund, Eurobond, SURE etc sono strumenti. Anche il MES, peraltro, per i suoi scopi istituzionali dispone di un fondo.

Quindi, su cosa si fonda il dibattito, MES no, Eurobond sì?

Il compito del MES è fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell’area euro che attraversano (o rischiano in modo concreto) gravi problemi di finanziamento. L’assistenza viene concessa solo nel caso in cui sia necessaria per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’intera area euro e dei membri del MES stesso.

I fondi derivano da un finanziamento diretto da parte degli Stati membri, ed inoltre a emissione di bond. Gli Stati versano una dotazione di 80 Miliardi in modo proporzionale al proprio “peso” economica (ad es. Italia 17,9 %, Germania 27,1). Il tetto massimo è 700 Miliardi, per raggiungere il quale si può accedere al mercato appunto con un’emissione di bond.

Le regole del MES pongono delle condizioni, nel passato molto severe, e bisognerà vedere quali saranno decise oggi. Certo non potranno consistere nel ridurre il debito pubblico, non ora. Tuttavia interventi concreti di risanamento, riforme strutturali, misure di stimolo alla crescita potrebbero essere richiesti. Ma il MES è un istituto in essere, che quindi potrebbe procedere all’erogazione di aiuti in tempi brevi. All’Italia verrebbe concesso un ammontare pari al 2% del PIL, vale a dire 36-37 Miliardi. Da restituire, ovviamente, non in tempi brevi.

Eurobond

Per il finanziamento della crisi, l’ipotesi portata avanti dall’Italia è quella degli Eurobond.

Il bilancio della UE ha sviluppo settennale, ora in scadenza. L’idea della Presidente Von der Leyen è quella di proporre un nuovo Piano articolato, fatto di diversi interventi, di cui i provvedimenti per la ripresa farebbero parte.

Attualmente, ogni Stato garantisce per sé della tenuta e della solidità della propria economia. L’idea riferita agli Eurobond è di emettere titoli di Stato garantiti da tutti i Paesi che fanno parte dell’euro, che sono diciassette. I titoli sarebbero emessi da un’apposita Agenzia europea per il debito, creando un nuovo e gigantesco mercato delle obbligazioni..

Qual’è il vantaggio di uno strumento come gli Eurobond, rispetto ad emettere titoli di Stato italiani? Il fatto che molti dei 17 Paesi dell’area euro hanno un rating AAA che assicura interessi bassi; e l’Italia ne usufruirebbe, mentre oggi con un rating BBB-, al limite della classifica “junk”, spazzatura, dovrebbe offrire al mercato interessi ben più alti.

Il piano UE, che così come è disegnato per ora ha un orizzonte di sette anni come il bilancio, dovrebbe contenere anche una «Recovery and resilience facility», dotato di un Recovery Fund, a sostegno dei piani di ricostruzione nazionali, da gennaio prossimo. Il fondo sarà finanziato dagli Stati membri, emettendo titoli di debito comuni, ma i versamenti si limiteranno agli impegni di pagamento, senza bloccare risorse. Quindi, né un istituto come gli Eurobond, né uno più limitato come il Recovery Fund potranno vedere la luce entro breve. Poco compatibile con le nostre esigenze di liquidità.

Grosso problema sarà la suddivisione tra prestiti e finanziamenti a fondo perduto, come chiesto dagli Stati più in difficoltà. Per i prestiti l’ipotesi è di chiedere agli Stati membri fino al 2027 solo il rimborso degli interessi, in media mezzo miliardo di euro all’anno. Per erogazioni a fondo perduto, difficile persino immaginare quanto e come. Una volta incrementato il bilancio, occorrerà trovarvi spazio per finanziare le richieste degli Stati come l’Italia.

Mentre ne parliamo; fra le fonti di finanziamento non dimentichiamo la BCE che sta comprando titoli italiani come non mai. Titoli che con l’attuale crisi diventerebbero poco appetibili per i mercati finanziari.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.it

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