
“Siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere” cantava De Gregori. Due film in concorso nella sezione maggiore quest’anno presentano protagonisti in lotta contro il potere economico o politico, in difesa della verità, della democrazia e della giustizia. Per palati fini All the Beauty and the Bloodshed, diretto da Laura Poitras: è un documentario sulla vita di Nan Goldin, una delle fotografe più celebri del XX secolo. Legata al mondo degli artisti e alla comunità LGBT, è conosciuta per “The ballad of sexual dependency”, una raccolta di scatti che riprendono momenti di intimità di tossici, drag queen, amanti felici e donne brutalizzate.
Altrettanto nota è la campagna “Prescription Addiction Intervention Now”, attivata dalla Goldin negli Usa contro la famiglia Sackler, proprietaria delle case farmaceutiche Purdue Pharma e Mundipharma, produttrici, negli anni Novanta, dell’OxyContin, un medicinale a base di oppiacei. Nonostante si fosse scoperto che tale farmaco, indicato come analgesico, creava dipendenza, portando decine di migliaia di persone a morire per overdose (si stima che dal 1999 siano state 700mila), la Purdue e la famiglia Sackler continuarono noncuranti la campagna di marketing per spingere i medici a prescriverlo e, successivamente, misero a punto un sistema per lucrare sul trattamento della dipendenza da OxyContin. La presenza di All the Beauty and the Bloodshed in gara a Venezia 79 sottolinea l’importanza del documentario o “cinema del reale” per rivivere storie, personaggi e relativo contesto sociale.
Ispirato alla storia recente, questa volta tradotta in ottima fiction, Argentina, 1985, di Santiago Mitre: il lungometraggio ci riporta al post dittatura di Videla e alle pagine del processo al tiranno e ai suoi accoliti, responsabili dell’uccisione e della scomparsa di migliaia di oppositori del regime, tra il 1976 e il 1983.
Classico film tribunalizio, ma ravvivato da una sceneggiatura brillante, in cui l’ironia nei dialoghi si alterna ai momenti drammatici delle deposizioni delle vittime e alla requisitoria del Procuratore Julio Strassera (un grande Ricardo Darìn). Sebbene la costruzione narrativa del processo, che è ritenuto il più significativo dopo Norimberga, sia un po’ scontata, anima il film di Mitre il forte intento civile affinchè quelle atrocità non si ripetano «nunca màs».
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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