Viviamo in epoca di conflitto generazionale. La generazione dei “figli” ha stabilito, senza processo (lo dice anche il Tiggì, che bisogno c’è di istruttoria e difesa) che i “padri” si sono appropriati di tutte le risorse del mondo e ai “figli” non rimarrà nulla. La generazione dei “figli” è quella, se la guardiamo dal punto di osservazione dei padri, celebrata da Michele Serra ne “Gli sdraiati”: popolo di esseri in posizione orizzontale votati alle cuffie nelle orecchie che non passano neppure la spazzola nella tazza del WC perché hanno ben altro da fare.
In “Belli di papà” il conflitto citato è solo ai margini. Un padre coscienzioso si pone il problema di decidere a quale dei tre figli nullafacenti destinare la sua azienda quando si ritirerà. Il test di ingresso al mondo del lavoro per i tre, condotto da papà Abatantuono con il cognato e collaboratore (Antonio Catania, espressione imperturbabile, uno che ha capito tutto da sempre e non si sorprende mai di nulla. Ruoli di primo piano con Gabriele Salvatores, Carlo Verdone, Aldo Giovanni e Giacomo) non lascia speranze. Chiara, Andrea e Matteo, ventenni, cresciuti con la convinzione che tutto ruoti intorno alle agiatezze, ai soldi e allo spreco, non hanno idea di ciò che voglia dire lavorare, né sono in grado di dare il giusto peso al valore del denaro.
Papà la mette giù dura: decide di sparire, dopo un fallimento con tanto di bancarotta fraudolenta. Si arrangino.
I ragazzi dovranno decidere: volere o volare, dovranno tirarsi su le maniche.
Sarà questo il vero test. Ma anche un’opportunità per un confronto con il genitore e magari per ricostruire un rapporto deteriorato dalle distanze, non solo fisiche.
Sottotitolo: Un padre può mantenere cento figli, ma tre figli riuscirebbero a mantenere un padre?
Domenica 16 OTTOBRE ore 21.00 , via Rubino 45 – INGRESSO GRATUITO
Per Roccafranca Film
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