Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

SalTo 24-La felicità nel lavoro

Un dibattito sul mondo del lavoro oggi

Per un dibattito sul tema del lavoro oggi, si può partire da un libro, ma quello proposto da Paolo Iacci sembra a prima vista il meno indicato: “Smetto quando voglio” sottotitolo “Il lavoro nel nuovo millennio tra Quiet Quitting e silenzio organizzativo”. “Quiet” è il titolo dell’evento che si è tenuto il 10 scorso al Salone del libro.

In realtà la domanda che ci si pone è: può esistere la felicità nel mondo del lavoro? Partecipano Paolo Iacci e Roberto Mattìo, professionisti in ambito Risorse Umane, con la professoressa Elsa Fornero. Modera Nadia Ferrigo, giornalista de La Stampa.

Nadia Ferrigo. introduce rifacendosi alla tesi del libro di Paolo Iacci, scrittore e manager d’impresa: la pandemia ha segnato una cesura nel mondo del lavoro, tra prima e dopo. In 2 settimane si è trovato il modo di tornare a lavorare. Quello del saggio di Iacci è un punto di vista che indaga sulla persona, sul rapporto con il proprio posto di lavoro. Quanto le persone si sentono coinvolte nel proprio lavoro?  L’azienda dovrebbe essere come la propria casa: comoda, accogliente, libera.

La premessa di Paolo Iacci riporta allo sviluppo del commercio mondiale. Fino alla nascita della World Trade Organization le merci che circolavano erano tutto sommato, poche. Oggi ci sono più aziende connesse che case dotate di  acqua potabile.

E’ la tempesta perfetta: le aziende non sono più in grado di garantire i posti di lavoro, ma d’altra parte a molti lavoratori questo non interessa neppure. Cambia il rapporto tra individuo e organizzazione. Dopo la pandemia, molti hanno preso coraggio, trovando il loro impiego non adeguato, e cambiano lavoro. Ma molti altri rinunciano del tutto. Il dopo Covid registra 300.00 abbandoni.

Irrompe la felicità come richiesta necessaria nello svolgimento del proprio lavoro.

Roberto Mattìo esperto di sviluppo organizzativo, commenta: ci sono elementi che attraggono. Occorre garantire un percorso di carriera formalizzato. la tutela della genitorialità, specie permessi alle neo mamme. Molto sentito il tema degli orari, degli spazi, magari le palestre; momenti di condivisione. E tuttavia, il fenomeno che registriamo è che i giovani, dopo 3-4 anni se ne vanno, anche se hai potuto garantirgli le loro esigenze. Perché? Risposta: non posso mica stare qui tutta la vita.

Altro aspetto il merito: esiste un forum della meritocrazia che propone una certificazione sulla meritocrazia Anche questo diventa un criterio: la valorizzazione individuale.

Per la Professoressa Fornero il quadro proposto da chi ha preceduto non è del tutto realistico. Quasi tutte le trasformazioni descritte nella letteratura specifica, usano termini inglesi. C’è un fatto di inadeguatezza della nostra lingua a descrivere questi fenomeni, o è la nostra economia che non li ha ancora conosciuti?  E’ possibile che siano vere entrambe le ipotesi. La lingua italiana è molto indietro. rispetto ai fenomeni in discussione. Ma il mondo del lavoro di cui stiamo parlando qui è quello delle grandi imprese. Le piccole imprese sono in numero maggiore, e non necessariamente piccolo è bello e non necessariamente efficiente. E il mondo del lavoro è fatto di persone che fanno fatica a trovare un lavoro o un lavoro adeguato.

Si entra nel tema dello scarso colloquio che c’è tra il mondo del lavoro e quello della scuola. Non è più tempo, di “studia e vedrai che ti sistemi”, continua la prof. Ci deve anche essere modo di realizzarsi. Ci sono esempi di come il rapporto tra scuola e mondo del lavoro possa portare frutti. Nelle province di Trento-Bolzano, in Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte (meno però) la disoccupazione giovanile è minore.

Il questo libro, commenta la professoressa, è come se il mondo del lavoro fosse visto da Milano. Dove, di fronte ad un’offerta di lavoro uno dice, ci penso, sento altre proposte…ma per il resto il resto dell’Italia non è così. I nostri problemi hanno alla base la bassa crescita del Paese, non certo il Covid. Un mondo del lavoro che non guarda a giovani e donne ma molto più a maschi adulti.

L’altro aspetto critico è come incidere sul “lavoro povero”: salario minimo? Forse, anche se alcune aziende non ce la farebbero a stare sul mercato. E servirà un profondo ripensamento che riguardi la preparazione all’entrata nel mondo del lavoro.

C’è poi il problema del lavoro femminile, suggerisce la moderatrice: un dato emblematico: 1/5 delle donne lascia il lavoro dopo il parto.

Anche questo, per Iacci, in fondo fa parte della logica del lavoro visto come sacrificio. Guardiamo all’oggi con la lente d’ingrandimento sul secolo scorso. Abbiamo i NEET, coloro che non cercano neppure il lavoro, ma anche 5,9 milioni di italiani emigrati all’estero che potrebbero essere utili al nostro sviluppo, e da noi si parla solo dell’immigrazione clandestina.

Quando parliamo di asili nido, aggiunge infine Mattìo, dovremmo parlare anche di padri. Dove c’è maggiore presenza di asili nido c’è maggiore occupazione femminile, abbiamo esempi che lo testimoniano.

Un assist per la professoressa Fornero per concludere: “Io sono ricordata come il ministro che ha realizzato la riforma previdenziale. Eravamo un governo che doveva solo ridurre la spesa. Ma introducemmo il congedo parentale, tre giorni anche per il papà, più uno a scelta tra padre e madre. Ogni giorno di congedo costava 16 milioni allo Stato”.

Ma il punto è sempre quello della mentalità “che nasce da un criterio proprietario” dell’uomo nei confronti della donna. Ricorda il recente “Porta a porta” di Bruno Vespa che convoca un parterre di soli uomini per parlare di aborto. Vespa poi si è giustificato, con “ si ma parlavamo anche di altro”; già, le donne non c’entrano. Non solo, la professoressa cita anche l’inaugurazione del rinnovo del Comitato scientifico dell’ Agenzia del farmaco: foto, 11 maschi, dall’aria compiaciuta.

Certo “oddio non c’è una donna troviamone una” non è il massimo, meglio pensarci per tempo.

Rimane centrale l’indipendenza economica delle donne che deve diventare un valore della società. E l’indipendenza economica si raggiunge col lavoro.

Paolo Iacci è un manager d’impresa e psicologo del lavoro, attualmente Presidente di Eca Italia, società che fornisce servizi e consulenza nella gestione del personale in mobilità internazionale, con un passato di dirigente industriale prima e bancario poi.

Roberto Mattìo è Direttore RU presso il Gruppo Pininfarina ed insegnante presso UMA – Unicamillus Management Academy

Ha moderato Modera Nadia Ferrigo. Giornalista de La Stampa, Cronache italiane e Inchieste

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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