Tra le iniziative che affiancano il Salone del libro particolarmente interessante la piccola mostra fotografica che l’Archivio Storico Intesa Sanpaolo, ha allestito presso il piazzale 3 del Lingotto Fiere dal 9 al 13 maggio. “Non solo Signorine. Donne al lavoro dagli anni Dieci agli anni Settanta del ‘900″, è curata da Annalena Benini, direttrice del Salone da quest’anno.
La mostra, che presenta tredici fotografie provenienti dagli Archivi Storici e dall’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, documenta il primo decennio e gli anni Settanta del secolo scorso. Alcuni dei mestieri fotografati hanno già il sapore di un piccolo progresso fatto dal lavoro femminile rispetto al passato: benzinaie, ferroviere e persino una ‘meccanica’ affiancano mondine e lavandaie, centraliniste e bancarie. Alcune immagini appartengono ad un’epoca che molti di noi ricordano (gli anni 70) e come molto spesso accade quando qualcosa va a toccare la nostra personale memoria storica ci inteneriscono e ci affascinano particolarmente. Il tailleur castigato delle due ferroviere ricorda una moda assai diversa e che abbiamo ancora negli occhi, le pettinature, le posture, sono lontanissime e vicinissime nel tempo, ci riportano a immagini familiari che riposano nelle scatole in fondo agli armadi di molti di noi.
Come sempre le fotografie fanno riflettere sui fenomeni sociali propri del periodo rappresentato. Qui il pensiero va al mondo del lavoro, così fortemente cambiato e così fortemente immobile nelle disparità di genere e di casta.
L’esposizione testimonia inoltre il passaggio delle donne verso il mondo del lavoro durante la Prima Guerra Mondiale, dove molte sostituirono gli uomini al fronte, affrontando spesso condizioni di lavoro precarie e sottopagate. Per quelle che riuscirono ad impiegarsi negli uffici e nelle banche sostituire un uomo richiamato al fronte durante la Prima guerra mondiale rappresentò l’occasione per affacciarsi al mondo del lavoro.
Tra la Prima Guerra mondiale e gli anni Sessanta la scarsa presenza femminile in organico è caratteristica comune a quasi tutti gli istituti bancari italiani.
Le donne che lavoravano in banca, denominate anche nei documenti ufficiali “le signorine”, compaiono nei primi decenni del Novecento e aumentano considerevolmente durante le due guerre mondiali in sostituzione provvisoria del personale maschile richiamato alle armi. Si trattava di impieghi fuori ruolo, quindi precari per definizione: non erano maturi i tempi per accettare che una donna entrasse in pianta stabile al posto di un uomo.
In concomitanza con l’introduzione di nuove tecnologie (la macchina da scrivere, le macchine contabili e poi elettroniche) e di una accentuata specializzazione del lavoro d’ufficio, vennero assunte essenzialmente come centraliniste, dattilografe e segretarie e addette ai terminali dei Centri elettronici . Le “signorine” lavoravano con regolare contratto generalmente fino alla data del matrimonio. Poi venivano licenziate. Nel 1929 questo articolo venne abrogato, ma dalla consultazione dei fascicoli matricola emerge che la consuetudine di licenziare le donne al momento di contrarre matrimonio (seppure non manchino le eccezioni a questa regola), mascherata da finte dimissioni, rimane fino alla promulgazione della legge del 9 gennaio 1963 sul “Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio”.
Molti sono i riferimenti presenti in archivio riguardanti la disciplina del lavoro e le norme di comportamento e di abbigliamento che il personale femminile doveva seguire. Una delle preoccupazioni degli amministratori (tutti, naturalmente, maschi) era che i colleghi uomini non fossero distratti dalle “Signorine”, quando non addirittura ‘tentati’ a comportarsi in modo moralmente discutibile.
Secondo i regolamenti le signorine dovevano indossare i grembiuli “di prescrizione” confezionati su misura, preferibilmente neri (in alcuni casi bianchi).
Insomma la via della parità era lontana ma si apriva qualche spiraglio. Le fotografie esposte presentano un bello spunto di riflessione su un fenomeno, quello della disparità lavorativa, ancora molto da discutere.
Giulia Torri
giuliat@vicini.to.it
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