Non è che voglio parlare sempre dei miei tempi. “Ai miei tempi qui, ai miei tempi là”.
Lo so benissimo che questo tipo di litanie danno fastidio e anch’io ogni tanto mi stufo di me stessa.
E’ che osservo cose e dato che non mi spiego come mai accadono, mi trovo ad abusare della pazienza altrui per vedere se magari qualcuno riesce a spiegarmele in modo semplice a chiaro.
Dunque a Torino, quando ero ragazzina, esistevano due o tre banche. Agenzie parecchie, sì, ma sempre erano o San Paolo, o Cassa di Risparmio ( ora Unicredit) o forse Banca Commerciale, poco altro. Uno aveva il conto, normalmente in una di queste, lì si pagavano le bollette, si facevano i versamenti e compagnia bella.
Adesso non mi raccapezzo più, ci sono un sacco di banche extraterritoriali, con dei nomi marziani.
Per esempio, la BCC di Casalgrasso e Sant’Albano Stura che fa? Perchè è qui? Mica voglio impedirglielo, non sia mai, ma come è sbarcata in città? Ce n’era di bisogno? Da Sant’Albano Stura?
E il Banco di Desio e della Brianza, perchè sfora i confini regionali?
Ma quella che mi fa più rabbia è: Che Banca!
Ma santo cielo, ma uno può andare a mettersi nelle mani di una banca che non ha trovato un nome migliore di questo?
Con che animo affido il gruzzolo ad una genericità linguistica tale?
Giulia Torri
giuliat@vicini.to.it
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