Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Ventotene: la voce di Stefano Di Polito.

Era una storia data per scontata, rimossa, da riscoprire: a recuperare la vicenda straordinaria del confino politico degli 800 e più oppositori del regime fascista, trasferiti nella minuscola isola di Ventotene dal 1941 fino all’estate del 1943, quando iniziò la Liberazione dell’Italia, è il regista e sceneggiatore torinese Stefano Di Polito.

Già autore del film Mirafiori Luna Park, impegnato nella comunicazione sociale e in progetti relativi a formazione, immigrazione, ambiente,  Di Polito  ha realizzato La voce di Ventotene, (Magda Film, Italia, 2024 – 65′), un documentario presentato in anteprima generale  il 9 aprile scorso presso la sede del Parlamento europeo a Bruxelles.

La scelta delle inquadrature e l’attenzione ai dettagli fanno sì che ogni passaggio sia non solo informativo ma anche visivamente efficace. Grazie alla sua qualità  cinematografica, l’opera riesce a creare un’ atmosfera  intensa e toccante: Ventotene è un centro di censimento e studio  delle specie di uccelli che dall’Africa migrano verso l’Europa del Nord, quindi il loro volo libero sull’isola è la metafora della libertà fisica e di pensiero negata ai confinati. I materiali d’archivio consultati conferiscono autenticità e pregio al racconto,  che si snoda attraverso una serie di interviste a testimoni, ai  discendenti e a chi si è impegnato nella conservazione della memoria, come Filomena Gargiulo,  autrice di un libro imprescindibile: “Ventotene, isola di confino. Confinati politici e isolani sotto le leggi speciali 1926-1943”, Ed. Ultima Spiaggia, 2013, e il libraio Fabio Masi, nominato libraio dell’anno nel 2022. Lo spettatore ripercorre la dura esperienza vissuta – tra gli altri – da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, i quali elaborarono il Manifesto di Ventotene e l’idea che solo l’unione dei paesi europei e il superamento dei nazionalismi avrebbe portato alla pace duratura. Ma lo sguardo del regista non vuole essere  nostalgico: idee e parole dei confinati,  a cui la sceneggiatura attinge e che hanno plasmato il nostro presente, restano  monito esemplare per il futuro.

La voce di Ventotene prosegue il suo cammino nella nostra città: in sala il prossimo 26 maggio, al Cinema Massimo, sarà  presentato ad un incontro di Di Polito con i giovani al centro congressi del Santo Volto  il 3 giugno.  Infine verrà proiettato il 5 giugno al Polo del 900 e il 7 giugno, in occasione di  un aperitivo cittadino preelettorale, alle Fonderie Ozanam: da non perdere un film che non solo informa, ma ispira e coinvolge, attraverso voci che – dal passato – tornano con forza a parlarci e che dobbiamo riascoltare.

Di Polito, come nasce  questa storia?

Ero capitato a Ventotene  per realizzare un progetto di comunicazione ambientale. In quanto regista, l’ assessore alla cultura mi  ha proposto di raccogliere le  memorie  degli anziani:  io ho pensato a quello che l’isola aveva rappresentato per l’Italia e l’Europa, ai sacrifici dei confinati, e ho deciso di impegnarmi in questo lavoro. E’ stata una corsa contro  il tempo per intervistare  testimoni  che avevano più di 90 anni (infatti alcuni di loro non ci sono più): era un lavoro urgente e necessario.

In che modo  si è documentato?

Sebbene  i padiglioni confinari  siano stati rasi al suolo, l’isola  conserva la memoria di quel tempo grazie  al lavoro di alcune persone, come la storica Filomena Margiulo, una maestra elementare che  ha scritto un libro che è la  “bibbia” su Ventotene. Altra figura fondamentale il libraio Fabio Masi, anche editore, che ha pubblicato saggi, testi inerenti il confino che non erano più in circolazione. Inoltre ho consultato presso l’archivio di Latina i fascicoli giudiziari  dei confinati. Ho poi recuperato molti scritti di questi ultimi  a Torino,  al Polo del Novecento e alla Biblioteca Nazionale.

Cosa l’ha colpita maggiormente in queste ricerche?

E stato straordinario scoprire la grandezza  il coraggio, la forza di soggetti che sono stati poi protagonisti della Liberazione,  dei lavori  dell’Assemblea Costituente, partecipando alla fondazione della nuova Italia e dell’Europa. Quando ho presentato a Bruxelles il film mi ha colpito all’ingresso del Parlamento Europeo la dedica ad Altiero Spinelli, il quale aveva voluto che le sue ceneri fossero conservate a Ventotene: quell’isola  di poche centinaia di abitanti, nonostante la prigionia, gli era rimasta nel cuore.

Che ruolo  hanno avuto i confinati nella storia e nella cultura di Ventotene?

Gli isolani avevano colto il valore di figure come Spinelli, Terracini, lo stesso Pertini: quell’ esperienza  – chiamata “l’università”  o “il governo” di Ventotene –  ebbe un impatto molto forte. Da ricordare il ruolo fondamentale del bibliotecario, Mario Maovaz, che procurava loro anche testi “sovversivi”: c’era una parte di biblioteca clandestina, i libri arrivavano nel sottofondo di valigie, spesso  portati dalle compagne dei confinati in visita, meno sottoposte a controllo. Ancora oggi i Federalisti europei organizzano  raduni nell’isola pontina. 

Qual era l’atteggiamento generale dei ventotenesi nei confronti dei nuovi arrivati?

In realtà gli isolani non potevano avere rapporti con i confinati, non dovevano parlare di politica, per non metterli in difficoltà. In alcuni casi  si servivano di  linguaggi segreti: c’era chi esponeva al davanzale fiori rossi  per omaggiarli, o chi metteva la radio accesa ad alto volume,  per far sentire loro notizie della guerra. Erano attenti a non mettersi reciprocamente nei guai, ma provavano anche molta ammirazione per i confinati, che erano intellettuali, lavoravano nelle case editrici, rappresentavano la nomenclatura politica e culturale del Paese. Gli anziani ricordano le diverse “mense”, luoghi in cui si ritrovavano, riuniti per gruppi politici.

Il documentario ha lo scopo di promuovere la partecipazione civica al voto per il Parlamento europeo?

In realtà sono  partito dal rapporto tra libertà e limitazioni di questa dopo il Covid,  un’esperienza di chiusura che tutti avevamo condiviso. La sensazione era che fosse urgente il tema della pace, e – come spesso accade con l’arte – fu l’intuizione di qualcosa che stava per accadere: in effetti poi è scoppiata la guerra russo-ucraina.  Alla domanda: cosa c’è dopo il confino? Gli esiliati a Ventotene hanno risposto impegnandosi per la nuova Italia e  per l’Europa; noi abbiamo fatto la guerra e stiamo distruggendo l’Europa, con la riaffermazioni di partiti di destra, anche estrema. Comunque i prossimi  appuntamenti torinesi di presentazione del film  possono senz’altro servire a sensibilizzare i cittadini nei confronti delle questioni europee e della politica in generale, incoraggiando il dibattito pubblico e  la partecipazione al voto.

La Voce di Ventotene è stato presentato nelle scuole?

Il film è stato visto da 1500 studenti in Piemonte, in buona parte delle classi quinte superiori, quindi da ragazzi che andranno a votare. Il tema dell’Europa è sotto attacco nel nostro Paese,  non viene promossa la cultura europea: l’euroscetticismo è più diffuso tra gli anziani, in realtà i giovani italiani si sentono del tutto europei.

Anna SCOTTON

annas@vicini.to.it

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