“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Un anno strano, di Ennio Tomaselli

“Il passato può essere una pesante zavorra, ma è anche l’immenso fondale dal quale possono emergere elementi decisivi per la comprensione del presente e la costruzione di un futuro migliore”. E’ il passato il protagonista “immateriale” di Un anno strano, edito da Manni, il secondo romanzo dell’ex magistrato Ennio Tomaselli: ambientato a Torino, nonostante il titolo, il libro non si riferisce a questo 2020 funestato da un’inaspettata pandemia, ma vede nuovamente in azione  il p.m. minorile Malavoglia,  alle prese con la sedicenne Romina, detta Romy. Fermata in seguito a una rapina commessa a Castellamonte, nel Canavese, nel suo racconto non tutto torna e per Malavoglia la ricerca della verità coincide con il desiderio di offrire un’occasione di riscatto alla ragazza: la quale, invece, sembra puntare, con i suoi comportamenti, verso l’abisso della propria rovina.

Una storia che intriga, giocata sul filo dell’azione ma anche delle emozioni profonde, in cui  i due protagonisti – il sostituto procuratore anziano, “un intellettuale tormentato, una vita difficile, una continua messa alla prova”, e l’adolescente, padre “tossicone” e madre “che l’aveva odiata da quando era rimasta incinta”  – sembrano sfidarsi; intorno a loro si muovono diversi altri personaggi, quali Terry, una carabiniera giovane e tosta, ed Elettra, divisa tra l’impegno in Africa in una Ong e l’amore per il maturo Malavoglia.  Intensità e umana comprensione caratterizzano la scrittura, e accompagnano il lettore nelle pieghe di una realtà degradata e di relazioni assoggettate al ricatto e alla paura.

 

Nato a Firenze, classe 1950, Ennio Tomaselli è stato in magistratura  dal 1978 al 2014; dal 1986 al 2009 ha coperto l’incarico di giudice del Tribunale per i minori, dirigendo, nell’ultimo periodo, la Procura minorile, per poi passare alla Procura Generale della Repubblica, fino al pensionamento. Era al Tribunale dei Minori all’epoca della vicenda di Serena Cruz, la bimba filippina “adottata” irregolarmente dai coniugi Giubergia, da cui il tribunale dei minori decise di allontanarla, assegnandole una nuova famiglia. Nel 2001, fu presidente del collegio giudicante – e ne scrisse la sentenza – del processo a carico di Erika e Omar, due adolescenti di Novi Ligure che si macchiarono del terribile crimine dell’uccisione della madre e del fratellino della ragazza. Sensibile ai risvolti di carattere umano ed etico dei casi penali, Tomaselli ha all’attivo il saggio Giustizia e ingiustizia minorile. Tra profonde certezze e ragionevoli dubbi (2015), edizioni Franco Angeli, e un primo romanzo, Messa alla prova (2018), Manni editore.

Tomaselli, quello con Romy è un incontro realmente avvenuto?

No, non nel senso di aver preso spunto da un caso specifico. Come magistrato, in particolare minorile, ho incontrato situazioni di difficoltà particolare, che si avvitavano maledettamente su se stesse, con ragazzi o ragazze che si rischiava di “perdere”. Ho pensato, creando il personaggio di Romy, a loro.

Quali sono i limiti della macchina giudiziaria per affrontare casi come il suo?

Il nostro processo penale minorile ha strumenti complessivamente efficaci. Poiché è compito essenziale degli apparati istituzionali prevenire e recuperare il più possibile, chi vi opera dovrebbe (come fa Malavoglia) non perdere mai di vista la specificità della situazione e della storia del minore. Quando l’“aggancio” istituzionale volto al recupero fallisce, non resta che lo strumento della pena detentiva (per la cui gestione, per inciso, vi è ora uno specifico ordinamento penitenziario minorile).

Negli anni del lavoro al Tribunale dei minori come ha visto cambiare i giovani di cui si è occupato?

Direi che, mentre i numeri delle statistiche sono scesi, è aumentato il tasso medio di problematicità dei casi. Capita più spesso che i ragazzi siano portatori, al di là di un disagio di fondo, di un autentico disturbo. Personalità, talvolta, precocemente problematiche, quale riflesso di fattori di crisi che incidono sulla famiglia e sull’intera società e che colpiscono più duramente chi è già fragile.

Quanto c’è di lei nel p.m. Malavoglia?

Molto e, nel contempo, poco. Il personaggio riflette inevitabilmente vissuti dell’autore (non solo quelli giudiziari), ma ho lavorato d’immaginazione su quest’uomo ormai anziano, alle prese con ragazzi e contesti sempre più complicati, che si muove talvolta ai limiti, od oltre i limiti, della legalità

C’è una frase, un passo del libro che la rispecchia maggiormente?

Nelle pagine finali, Malavoglia, scrivendo a una giovane collega, spiega cosa ha dovuto fare per non perdere definitivamente di vista Romy: “il timoniere di una barca sbattuta dalla burrasca, la cui unica rotta “giusta” è inevitabilmente incerta e soggetta a continue correzioni e qualche invenzione del momento”. C’è tutto il  mettersi in gioco del magistrato, con idealismo e, nel contempo, realismo.

Come definirebbe il suo romanzo: noir, legal thriller…?

Presenta aspetti di giallo e di noir, ma l’essenza è quella di una storia dura, drammatica, di persone che fuggono, inseguono, corrono un sacco di rischi, ma alla fine trovano uno spiraglio per un futuro non più ipotecato dalle trappole del passato. Siamo, quindi, più vicini al romanzo di formazione, con la peculiarità che questa non riguarda solo l’adolescente Romy ma anche gli altri personaggi che sono disponibili a mettersi in gioco e, ciascuno a suo modo, evolvono, cambiano.

Malavoglia è un personaggio seriale? Ѐ già alle prese con un nuovo caso da affrontare?

Per uno come lui, finché non andrà in pensione (in “Un anno strano” ha 67 anni), i casi non mancano perché, dentro e fuori il Palazzo, la realtà è irta di problemi e lui non è tipo da scansarli…

Ogni scrittore pensa al proprio lettore. Qual è il destinatario ideale delle sue storie?

Certamente non solo gli “addetti ai lavori”, anche se li ho presenti e molti di loro hanno compreso che il mio sforzo di narratore è coerente con l’impegno precedente. Penso anche a tutti coloro che sono interessati alle problematiche dei giovani come parte di una problematica più complessiva, che riguarda tutti.

 Qual è la sua formazione letteraria? Si è ispirato a “romanzi giudiziari” italiani o stranieri?

Ho letto di narrativa in modo, diciamo, disordinato, alternando rilettura di classici e lettura di romanzi, soprattutto italiani, di vario genere, da (esempio) L’Arminuta alle opere di Carofiglio. Ma la fonte principale di ispirazione è stata ed è la realtà: quella conosciuta attraverso le storie giudiziarie e quella che ci circonda fisicamente ed emotivamente. Ѐ un serbatoio inesauribile.

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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