Con la sua opera prima, Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, il torinese Fabio Geda si presenta come uno degli autori più interessanti dell’anno.
Tra i pregi del suo romanzo, che compensano ampiamente ingenuità scontate per un esordio e peraltro trascurabili, il più evidente è la capacità di dare anima e cuore al suo protagonista, Emil, raffigurato con tali accenti di verità da renderlo difficilmente dimenticabile. Emil è un ragazzino romeno di tredici anni, orfano di madre, entrato clandestinamente in Italia su un camion carico di riso parboiled e vive precariamente a Torino. Dopo il rimpatrio forzato del padre, in seguito ad una rissa, trova temporaneo rifugio presso un architetto che assume la compagna del padre come cuoca e donna delle pulizie. Emil ha imparato l’italiano leggendo gli album di Tex Willer (di qui il titolo), ha l’audacia di chi non ha nulla da perdere e l’incoscienza dei suoi pochi anni, e soprattutto non ha più nessun motivo per restare a Torino, dopo che l’architetto ha manifestato torbidi interessi nei suoi confronti.
Conserva gelosamente nel suo borsone alcune lettere del nonno, artista di strada, e, sebbene non l’abbia mai conosciuto, decide di raggiungerlo..
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