Con Fiore di roccia Ilaria Tuti racconta il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo.
Protagoniste sono le portatrici carniche, donne che nella prima guerra mondiale, in Friuli, trasportavano rifornimenti e munizioni con le loro gerle, portate sulla schiena con spallacci che lasciano piaghe sulle spalle.
Chilometri e chilometri a piedi, dove non c’era fatica, condizioni climatiche o salite impervie che impedissero a queste donne di aiutare i soldati fino alle prime linee, dove combattevano gli alpini.
La narrazione riesce a restituire il vero senso della partecipazione femminile al conflitto e la misura di tale impegno, del coraggio e della generosità di queste donne. E in realtà, dietro la storia particolare legata agli anni del conflitto, vi è la storia millenaria della donna: “la nostra capacità di bastare a noi stesse non ci è riconosciuta, né concessa. L’abbiamo tessuta con la fatica e il sacrificio, nel silenzio e nel dolore, da madre in figlia …”; ora l’occasione di essere audaci e coraggiose potrà essere palese agli occhi di tutti perché questa volta a chiamare è la guerra, compito solo maschile.
È facile riconoscere l’importanza della donna, ma peggio la si dà per scontata, quando a lei è affidato un ruolo cristallizzato, la cura della casa , dei bambini, o ancora dei vecchi, la fatica del tirare avanti in assenza dell’uomo, diverso è invece riconoscerle pare dignità in un terreno mai sperimentato prima: quello delle trincee, dei camminamenti, dei sentieri esposti ai cecchini austriaci … Questo fanno le donne in questione, le Portatrici. Munite solo della loro capiente gerla e degli scarpetz, scarpe fatte di stracci , aderenti alla dura roccia, camminano dal paese fino al fronte e trasportano viveri, medicinali, munizioni portando con sé il canto, la gioia e perfino la speranza.
La voce narrante è quella di Agata Primus, è una Portatrice, e cioè uno dei tanti volti femminili che durante gli anni della Prima Guerra Mondiale si è resa indimenticabile con quell’instancabile istinto di sacrificio, quell’interminabile desiderio di pace, quell’immancabile resilienza e coraggio le ha viste rifornire quegli uomini al fronte di tutto quel che avevano bisogno, dalle medicine, alle munizioni, passando per il lavaggio della biancheria e la cura dei giacigli.
È a queste donne che il comando militare chiede aiuto, un aiuto che si traduce in schiene e gambe piegate dal peso delle gerle cariche di esplosivi, rifornimenti, boccette di tintura di iodio e bende, di lettere e lettere destinate dai familiari a quei giovani combattenti spesso ancora bambini . E così, cariche e sopraffatte dal peso, le donne si incamminano per quelle vette che conoscono come le loro tasche, pronte a privarsi del cibo e di quant’altro pur di contribuire alla sopravvivenza di quei ragazzi.
La Tuti, non solo ci destina una vicenda che merita di essere letta e salvaguardata e che ci parla della nostra Storia, ma ci dona anche uno scritto intenso ed emozionante. Un libro che merita di essere letto, che si fa divorare e che lascia il segno .
Una storia bella e importante, che ci sembra giusto raccontare proprio oggi, nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, per ricordare che non ci sono differenze di genere mai, e la Storia ce lo dimostra.
Fiore di roccia di Ilaria Tuti è edito da Longanesi
Maria Cristina Bozzo
cristinab@vicini.to.it
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