
“La parola radio è sia singolare e sia plurale, come RBE è un unico progetto editoriale che contiene voci diverse” . Così il coordinatore di redazione Matteo Scali descrive l’emittente nata nel 1984 dall’idea di un gruppo di giovani che appartenevano alle chiese valdesi della Val Pellice, come strumento al servizio del territorio; si era nel periodo delle radio libere, in cui era relativamente semplice – bastava qualche conoscenza tecnica – riuscire a mettere insieme l’attrezzatura. L’avventura inizia come Radio Beckwith, dal nome dell’ufficiale dell’esercito inglese che, arrivato in terra valdese nella prima metà dell’Ottocento, si occupò di costruire decine di scuole, elevando il livello di scolarizzazione nelle vallate alpine. Ambizione di Rbe era quindi raccogliere e portare avanti quella sfida, attraverso un progetto di comunicazione basato su informazione e cultura. Radio comunitaria, da strumento pionieristico basato sul volontariato delle persone ora si avvale del lavoro di un gruppo di professionisti, affiancati ancora da volontari in alcune fasce del palinsesto.
Scali, qual è la “mission” di Radio Rbe?
La radio ha una sua identità storica rispetto al contesto e al luogo in cui nasce: non è una radio confessionale, la redazione ha una pluralità di visioni anche sul fatto religioso e un approccio laico alla comunicazione. Il dialogo ecumenico esiste, ci sono programmi dedicati, ma scopo della radio è essere uno strumento di narrazione e comunicazione con i territori.
“Vicini” è un giornale che si occupa prevalentemente di Torino: che platea di ascolto proviene dalla nostra città?
Radio RBE e RBE- TV arrivano a Torino, abbiamo molti feedback dalla città da parte di persone che ci seguono sia quotidianamente sia saltuariamente. Non esiste un identikit dell’ascoltatore tipico, anche perché il nostro palinsesto è molto vario, quindi racchiude interessi e orientamenti diversi, con una proposta articolata.
Quali sono state le maggiori sfide affrontate?
Abbiamo raccolto la sfida digitale all’inizio degli anni 2000, e si sono aggiunti canali di diffusione, lo streaming, i podcast. L’evoluzione tecnologica ci ha portato a riflettere sui linguaggi con cui volevamo ibridare il mezzo, in primis quello video, che avrebbe potuto anche fagocitare il progetto radiofonico, in quanto ha un coinvolgimento e una capillarità diverse. Abbiamo impiegato molti anni per arrivare alla realizzazione nel 2022 di una TV che fosse in equilibrio con la radio e diversa da quella che era la proposta di altre TV locali.
Nonostante i social, la radio resta centrale nella vita di molti italiani.
In effetti la radio è stato il primo social network, cioè il primo strumento di incontro tra le persone intorno a un mezzo di comunicazione. Segna il qui ed ora, aggiorna e affianca nella quotidianità: un ruolo in fondo simile a quello dei social, ma molto meno ingombrante. Per altri aspetti ha peculiarità che gli algoritmi ad oggi non hanno ancora sondato, e cioè non insegue il gusto personale di un singolo, ma si rivolge ad una platea indefinita, che si colloca in contesti differenti. Per questo la radio ti espone a un’offerta plurale e non monografica, ti mette in discussione nei gusti musicali e nelle valutazioni sui contenuti trasmessi e questo è un motivo di crescita.
A cosa punta l’evento che organizzerete al Salone del Libro di Torino?
Abbiamo deciso di segnare la nostra presenza con uno stand, in cui faremo la consueta programmazione in diretta dal Salone (abbiamo imparato nel tempo a uscire dallo studio radiofonico e portare la radio e la TV dove ci sono le persone). Inoltre costruiremo un esperimento: un podcast condiviso a partire da un libro, coinvolgendo i visitatori, ognuno dei quali ne leggerà un brano. Per noi è importante perché crediamo nella dimensione collettiva, mentre siamo sempre più abituati a essere da soli di fronte alla comunicazione, sia quando la fa sia quando la si riceve.
Questo podcast avrà un seguito?
Se piacerà potrebbe avere un seguito: è una sfida che lanciamo a chi vuole mettersi in gioco. Espresso da una pluralità di voci può essere anche la forma che prende un libro.
Quali scenari futuri prefigurate?
Siamo consapevoli che il nostro progetto culturale ha senso solo se è capace di rafforzare il confronto con il territorio su cui trasmette: quindi se sa essere un player culturale, che vuol dire portare i ragionamenti, i temi, le questioni nei luoghi dove ci sono le persone senza dover per forza essere in diretta, ma attivando il dibattito pubblico. Il cammino per il festeggiamenti dei nostri 40 anni di vita (la data ufficiale è il primo novembre) ci porterà già nei prossimi mesi in dialogo con numerose realtà – una serie di Festival, di situazioni con cui siamo già in contatto – per co- organizzare eventi, appuntamenti o occasioni di riflessione, non solo nelle Valli valdesi ma nell’ambito di Piemonte e Liguria.
Anna SCOTTON
annas@vicini.to.it
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