Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Visti a Venezia 75: Il cinema del reale.

La Mostra del Cinema anche quest’anno ha ospitato documentari, ossia quel “cinema del reale” che è augurabile approdi prima o poi nelle sale torinesi, magari quelle del circuito d’essai.

Con American Dharma, il regista premio Oscar Errol Morris ha filmato una sua lunga intervista a Steve Bannon, fautore del successo elettorale  di Trump, nonchè – come molti sostengono –  ideologo della Lega e punto di riferimento dell’internazionale populista e sovranista. Bannon motiva convintamente la vittoria dei conservatori alle ultime elezioni con la necessità per il mondo attuale di un “cambiamento per cui servono dei killer che annullino e ricostruiscano. Trump aveva il fegato per farlo e questo è il motivo per cui è diventato presidente”. Nel documentario, immagini tratte da tg Usa e soprattutto spezzoni del cinema americano classico, compongono il mosaico di valori ideologici ai quali Bannon si è formato. Fino a quel Falstaff, protagonista del film di Orson Welles, servo e sodale di Enrico IV, da lui rinnegato, vicenda che sembra alludere al recente allontanamento di Bannon da parte del presidente Trump.

Il documentario “What You Gonna Do When the World’s on Fire?” di Roberto Minervini è il secondo film italiano in concorso.  A Baton Rouge, in Louisiana, nel 2016 si scatenò un’ondata di disordini in seguito all’omicidio di un uomo di colore, Alton Sterling, padre di quattro figli, da parte della polizia, senza gravi motivi apparenti. Minervini, anche a seguito dello “sdoganamento” del razzismo (Trump ha concesso all’associazione KKK  il diritto d’espressione) raccoglie le testimonianze delle reazioni della popolazione nera di New Orleans. Il lungometraggio è stato girato in un clima di intimidazione e paura, ha dichiarato il regista: durante le riprese “ci hanno sparato, la polizia ha tirato dei proiettili anche verso di noi, ci siamo spaventati”, ma ha aggiunto che “la troupe credeva così tanto all’urgenza di raccontare il grido della comunità afroamericana e indoamericana di New Orleans che abbiamo continuato a girare”. D’altronde il regista, già autore del docu-film Louisiana,  fa del rigore la propria cifra stilistica e il suo racconto, che non indulge a soluzioni narrative mainstream, è in un bianco e nero denso e potente.

Sorprendente il documentario di Wilma Labate, colta e impegnata regista di livello internazionale: Arrivederci Saigon” è la storia un gruppo musicale costituito da cinque ragazze toscane, quattro delle quali minorenni, “Le Stars”.  Nel 1968 furono scritturate per una tournée in Estremo Oriente: ma, in realtà, si trovarono ad esibirsi per le truppe americane di stanza in Vietnam del Sud. La Labate ha recuperato questa storia straordinaria, ha intervistato le protagoniste, dando voce ad un’esperienza taciuta nei decenni, anche perché a quel tempo la comunità “rossa” livornese ritenne sia sconveniente che condannabile dal punto di vista politico la presenza delle giovani concittadine tra i soldati americani. Cinque ragazze, animate dalla passione per il soul e dal desiderio di sfondare, si ritrovarono invece nel pieno di una guerra. Dopo cinquant’anni, l’alternanza delle loro voci, gli inserti realizzati con documenti d’epoca, (oltre alla fotografia di Daniele Ciprì) restituiscono appieno il mood di quel tempo e la singolarità dell’avventura  de “Le Stars”.

 

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

 

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