Probabilmente i sostenitori della teoria che il mondo vegetale abbia il diritto di crescere e riprodursi secondo natura infischiandosene del senso estetico umano, la penseranno in modo assai diverso, ma io non riesco a capacitarmi del fatto che Torino assomigli sempre di più a quelle giungle impenetrabili dove si ambientano i film sui sopravvissuti alle guerre, ai naufragi, ai disastri nucleari. Insomma qualche volta forniti di machete, altre neanche di quello, si inerpicano tra liane e vegetazione lussureggiante, scarnificandosi caviglie e malleoli e rimpiangendo le bellezze del prato all’inglese.
Bene, i torinesi probabilmente tra non molto dovranno munirsi di metodi di sopravvivenza spiccia, machete no, ma calzari alti potrebbero essere consigliati..
La verzura, che pure ci piace tanto, diventa fastidiosa quando si infila tra le rotaie e lì fa il suo dovere di verzura: cresce e si moltiplica dando vita a delle incomparabili siepi tra un binario e l’altro.
Sulle strade collinari il sambuco invade la carreggiata costringendo a brusche sterzate che rischiano di diventare fatali al ciclista impreparato. Nei giardinetti i bimbi raggiungono a fatica l’agognata altalena dopo un complicato slalom tra il bosso e il cotonaster, che, in mancanza di tagli decisi si sono impossessati oltre che delle altalene anche della giostrina a paperella.
Insomma, verde è bello, questo è inoppugnabile, ma il verde invadente e trascurato trasmette una deprimente sensazione di sciatteria che non giova alla città.
Forse dobbiamo cambiare ottica e invece di lamentarci girare tutti con le cesoie nella borsa?
Giulia Torri
giuliat@vicini.to.it
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