La pandemia ha rimesso l’accento sulle parole “vecchi” e “anziani” considerandole giustamente categorie da proteggere ma anche da relegare in casa o da vaccinare per prime, tra la polemica di chi considera gli anziani non appartenenti alle categorie produttive e di chi si preoccupa di diminuire il numero dei morti e delle terapie intensive liberando così posti letto negli ospedali.
In opposizione a questa visione della vecchiaia c’è il concetto di invecchiamento “attivo” spesso portato alle estreme conseguenze: estenuanti sedute in palestra, sport anche estremi, prestazioni quasi giovanili.
Tra queste due concezioni emerge la visione di “invecchiamento creativo” sostenuta da Marina Piazza, sociologa, saggista, scrittrice che ha dedicato tutta la sua vita all’emancipazione della donna lavorando come Presidente della Commissione Pari Opportunità sui temi della conciliazione tra famiglia e lavoro e sugli intrecci tra lavoro professionale e lavoro di cura.
A questi temi ha dedicato parecchi libri tra cui l’ultimo: “La vita lunga delle donne” presentato sulla piattaforma zoom nella mattina di mercoledì 10 marzo in un incontro organizzato dal gruppo” nonni insieme” di San Salvario.
La presentazione migliore del libro la fa l’autrice stessa: ” Sono anni in cui ci è data la possibilità di ripensarci, di reinventarci, di opporsi agli stereotipi e di continuare a interrogarci sulla nostra vita. E’ il momento di tornare a far parlare le ragazze di 50 anni che oggi ne hanno 70 e più”. L’autrice riprende il filo di una narrazione iniziata vent’anni fa al femminile tra vita, lavoro e relazioni nei grandi passaggi dell’età, affrontando il capitolo della vecchiaia largamente trasformata dalle conquiste della longevità.
Marina Piazza non ha paura di usare la parola “vecchiaia” spogliandola di ogni connotazione puramente negativa e parlando di” invecchiamento creativo” cioè di riscoperta di tutte le possibilità che ancora la vita offre nell’ultima età.
Addirittura l’autrice paragona l’età della vecchiaia all’età dell’adolescenza citando il libro di Francesco Stoppa” Le età del desiderio” individuando tutte e due come età di passaggio, alla vita piena nel primo caso, nel secondo alle piccole gioie che derivano dalla possibilità di non doversi sentire sempre responsabile, di poter avere del tempo per sé, la quale cosa lei definisce “il sale della vita”.
Marina Piazza invita a non lasciarsi schiacciare dall’impotenza ma a riscoprire la “forza della lentezza” a trovare un “centro”( può anche un “centrino” parole sue) abbandonandosi alla scia della vita, cambiando prospettiva, dicendosi “succede” anzichè “succede a me”, sentendosi accomunati a tante altre persone nella stessa situazione. Piccoli guadagni che bilanciano le perdite di quest’età: la perdita dell’ illusione del futuro, la perdita del controllo, la perdita del corpo su cui bisogna fare manutenzione, dice, non “estetica” ma “funzionale”.
Non esiste una ricetta per l’invecchiamento creativo, ognuno ha la sua ricetta: perché esistono persone forti e deboli, arroganti e gentili, ruvide e dolci, ma tutte nell’età della vecchiaia portatrici di esperienza o meglio di esperienze: non la presunzione di sapere tutto per le esperienze fatte ma la narrazione di esperienze di vita da mettere al servizio degli altri tra cui figli e nipoti. Sì nell’incontro si è parlato parecchio di figli e nipoti con cui gli anziani hanno un rapporto molto delicato ma anche molto affascinante, soprattutto con i nipoti piccoli con cui si riscopre l’esperienza di giocare, meravigliarsi, di notare e annotare ogni particolare delle tappe di crescita, cosa che probabilmente sfugge quando si è genitori, troppo impegnati a vivere, intrappolati in una quotidianità lavorativa e sociale frenetica.
Si è parlato anche di uomini (maschi), della differenza tra nonni di oggi e nonni di ieri: oggi sono molto più presenti e da Marina invitati a scoprire attraverso i nipoti un’attenzione a se stessi, alle proprie emozioni, al proprio vissuto che un’educazione troppo tradizionalmente rigida( se sei un maschio non devi mostrare i tuoi sentimenti) ha frenato o addirittura bloccato.
Piazza ci ha parlato di accettare la fragilità, che non deve diventare vulnerabilità cioè essere preda di interessi altrui, e di fiducia: solo la fiducia può spingere a chiedere ,ritenendo l’altro in grado di rispondere ai tuoi bisogni, dandogli così dignità, la soddisfazione di dare a un altro essere umano, magari più fragile, ciò che chiede.
Infine è stato chiesto a Marina Piazza: “Se fossimo in presenza e acquistassimo il suo libro cosa scriverebbe come dedica?” Questa è la sua risposta. “Con l’augurio che tu possa dire di sì alla vita e inventarti la tua speranza” citando le parole di Letizia Battaglia, una fotografa ultraottantenne: “Io invento la mia speranza”.
Franca Guiot
francag@vicini.to.it
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