Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Splendidi acciai all’Armeria Reale

L’Armeria Reale di Torino possiede attualmente più di 5.000 oggetti che spaziano dalla Preistoria all’inizio del Novecento, tra i quali uno dei più importanti nuclei è costituito dalle armi e armature cinquecentesche. Di questa collezione, spiega Giorgio Careddu, aprendo la conferenza stampa del 23 gennaio scorso presso l’Armeria Reale di cui è responsabile, 500 esemplari sono provenienti da un’area geografica molto ampia che va dai Balcani all’Estremo Oriente. Questa parte si arricchisce ora di ulteriori 25 esemplari, caratterizzati dalla qualità e preziosità dei materiali e dalla ricchezza delle ornamentazioni. Materiali, continua Careddu, che richiedevano lunghe e costose lavorazioni. Armi dotate di ricchezza decorativa, costituita da inserti di oro e argento. In alcuni casi, pietre dure e pietre preziose.

Sui materiali si sofferma Riccardo Franci, curatore dell’Armeria Stibbert di Firenze, invitato a fornire il suo punto di vista di esperto. La damaschinatura, una tecnologia metallurgica conosciuta in India e Persia nel IV secolo, consiste in una forgiatura al crogiolo, in cui si gettano diversi tipi di metallo acciaioso che fondono a temperature diverse, dando origine a una stratificazione con effetti estetici originali e sempre diversi. Il materiale ottenuto, inizialmente in lingotti, viene poi manipolato per dare le forme richieste per gli usi designati.

Una lavorazione tipicamente destinata ad oggetti di particolare pregio; caratteristica, questa, significativamente marcata nella collezione Reale, acquisita attraverso donazioni e l’attività diplomatica promossa principalmente da Carlo Alberto. Diversamente dalle armi per uso militare che, per questo aspetto, sono meno curate (come quelle della collezione Stibbert, sottolinea Franci, forse con una punta d’invidia.  Che peraltro si può considerare come raccolta complementare a quella Reale).

Nella visita ci si aggira fra le armi appartenute a figure divenute mito, come la sciabola del sultano Ali Tipu conosciuto come la Tigre del Mysore (Tippu Sultan: chissà se ne sapesse qualcosa Salgari) vissuto a metà-fine del 1700, spina nel fianco dell’Impero Britannico, che era riuscito ad aggregare attorno allo stato indiano del Mysore vari sultanati, e morì eroicamente in battaglia. O la spada dei Nair, élite guerriera originaria della regione indiana del Kerala, spesso utilizzata dalle signorie locali.

E ancora le lance di Stato provenienti da Giava, in damasco saldato, legno, ferro, ottone, bronzo, oro, argento; e via via, spade, sciabole, pugnali con fodero, kris, archibugi e moschetti.

Dal 23 gennaio scorso, i 25 esemplari sono a disposizione dei visitatori.

 

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

 

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