Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Il Museo della Rai

Tra i molti importanti musei cittadini poco pubblicizzati c’è sicuramente quello della Rai.

Situato in via Verdi 16, è gratuito e offre la possibilità di godere di visite guidate a cura dell’AIRE (Associazione Italiana Radio d’Epoca) che ha collaborato per anni alla cura del museo.

Le prime quattro aree sono dedicate al racconto degli antenati della radio, tra i quali il telegrafo, le onde hertziane e il detector Marconi. Un’ espertissima guida ci porta attraverso la storia della radio iniziando dall’invenzione dell’alfabeto Morse, che è una forma ante litteram di comunicazione digitale e che a differenza dei moderni codici binari che usano solo due simboli (comunemente rappresentati con 0 e 1, ne usa quattro: punto seguito da un intervallo intersimbolo (• ), linea seguita da un intervallo intersimbolo  (— ), intervallo corto (tra lettere) e intervallo lungo (tra parole).

Da questo momento ha inizio l’era delle comunicazioni moderne: il primo telegrafo era costituito da un interruttore (tasto telegrafico) il quale permetteva o interrompeva il passaggio della corrente elettrica lungo il filo che collegava la stazione trasmittente a quella ricevente.

Nel 1895 con l’invenzione della radio si aprono nuove prospettive: i segnali Morse cominciano ad essere propagati anche attraverso l’etere (onde elettromagnetiche) e il nome viene modificato in radio-telegrafia. Guglielmo Marconi conosciuto anche come il  “Padre delle radiocomunicazioni”, fu il primo ad utilizzare le onde radio per trasmettere i messaggi a distanza senza aver bisogno di collegamento fisico (con dei fili) tra una stazione trasmittente e una ricevente.

(Interessantissimo il racconto dell’importanza della radiocomunicazione nel naufragio del Titanic, di cui è riprodotta la radio in uso prima della tragedia).

Si passa poi ad immergersi nelle atmosfere degli anni trenta con gli elegantissimi primi apparecchi radiofonici, creati dai designer dell’epoca e poi  via via fino al famoso CUBO della Brionvega oggi presente al MOMA di New York.

Ma ci sono anche le emozioni dei ricordi recenti , una serie di video dedicati a Raffaella Carrà, il costume di Loretta  Goggi, nella “Freccia nera”, l’abito di Rosanna Vaudetti, una delle prime signorine “Buonasera” ed altri indimenticabili reperti.

Qualche scalino ed eccoci nella riproduzione di uno spazio televisivo dove  ci si può esercitare, azionando una vera telecamera per riprese giornalistiche, a fare i cameramen davanti a improvvisati  presentatori  di  notiziario o cantanti. Tutto all’interno del museo è interattivo e multimediale, dagli strumenti di lavoro di chi fa televisione ai qr code posizionati davanti alle teche espositive, dalle sedie dei salotti di talk show alla cabina del mitico Rischiatutto dove tutti, proprio tutti, provano a sedersi.

Il percorso di visita è una vera immersione nel mondo della radio e della tv attraverso i decenni ed è veramente un peccato che questo museo sia così poco conosciuto in una città che alla radio ha dato i natali.

Giulia Torri

giuliat@vicini.to.it

 

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