Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Ritorna Torino strategica

Campus-Luigi-EinaudiTorino e le altre – Le città dal modello imprenditoriale alle nuove sfide, conferenza dibattito organizzata dall’Univeristà il 27 e 28 settembre scorsi,  Dipartimento di Culture, Politica e Società presso il Campus Luigi Einaudi, appare un lodevole tentativo di confrontare Torino con alcune Città del nord Europa (guarda un po’), dal punto di vista dei parametri che ne definiscono la vivibilità: qualità della vita, politiche ambientali, mobilità, governo…

Non sarà certamente l’accenno che ne faremo in questo articolo a gettare luce sulle politiche cittadine dell’ immediato futuro. Ma forse vale la pena darne conto ai nostri “vicini”.

Partendo dai cicli economici e dai mutamenti sociali dell’ultimo secolo si analizza il modello Torino in prospettiva comparata.

Dal confronto emergono più luci che ombre: Torino Smart City?

Il tempo di valutazione è ancora breve, ma risulta che molti degli obiettivi sono stati mancati per motivi svariati e per molti progetti solo ora si sta tracciando la “road map”, confidando nel fatto che i progetti in partenza abbiamo miglior esito e che quelli in corso siano migliorati.

Ma torniamo alle ombre.

Era previsto, per esempio, un minor consumo di carta negli uffici a seguito dell’informatizzazione, invece il consumo è più che raddoppiato. Una diminuzione degli spostamenti: al contrario, risulta che preferiamo continuare a muoverci come eravamo abituati. Andare in ufficio, muoverci con i mezzi propri. Del telelavoro, neanche parlarne.

Si tratta, secondo i relatori, di una resistenza culturale che ci fa seguire le nostre abitudini, anziché le logiche sociali e persino economiche.

Parlare del Welfare municipale, rischia di scatenare un impulso di depressione. I trasferimenti dallo Stato ai Comuni sono diminuiti negli anni di percentuali generose. Mentre le domande sociali e i processi di impoverimento e di marginalità crescono.

Torino città High Tech?

Le città che hanno investito in settori produttivi basati principalmente su capitale tecnologico e lavoratori altamente qualificati sono oggi viste come casi virtuosi di comunità locali che hanno saputo sfruttare le sfide e le opportunità create dalla globalizzazione dell’economia e dall’evoluzione dei sistemi produttivi.

Il comprensorio Piemontese ne è stato un esempio. Olivetti, FIAT (il modello Corporate, che produceva dalle auto ai frigoriferi, tutto sommato aveva avuto successo), Telecom ed il suo Centro ricerche.

Cosa sarebbe successo, ad es. a Monaco in una vicenda come quella del massacro di Olivetti? I responsabili del tracollo, che poi sarebbero diventati manager nelle varie realtà industriali italiane, non avrebbero avuto una seconda chance.

La robotica e la domotica, in tempi più recenti, hanno fatto la stessa brutta fine.

Oggi si tratta di reinventare un distretto industriale: come? Facendo leva sulle eccellenze maturate spontaneamente, ad esempio l’ agroalimentare (Petrini, Farinetti), la ricerca biotecnologica, il restauro (Venaria). Manutenzione del territorio, “piccole opere”.

Cosa produrre? Le indicazioni, più che su aspetti specifici, si rivolgono a quanto presenti un alto contenuto di innovazione, frutto di Ricerca e sviluppo, e ad alto tasso di conoscenza.

Prevale tuttavia lo scoraggiamento. La risposta al quesito iniziale, perché Torino non sia Monaco o Amburgo, o Barcellona è che Torino è in Italia. “Grazie, Professori!“, viene da commentare.

Ironia a parte, le ragioni sono note. Politiche pubbliche egocentriche. Privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite.

Il confronto con le città nordiche viene ripreso nell’intervento di Valentino Castellani in un’ottica particolare, quella del Piano Strategico per Torino

L’agenda politica di una città è la risultante di un mix di politiche pubbliche che spazia in numerosi settori. Negli ultimi decenni, alcune città europee e americane hanno tentato di ridefinire gli orizzonti di sviluppo di medio-lungo periodo, anche sperimentando forme di governo inedite e concentrando risorse progettuali e finanziarie in pochi assi strategici.

Torino ha scritto due piani strategici e si accinge a scriverne un terzo. Da dove partire? Si domandano i relatori:

Cosa chiedono i cittadini? Come formulare un’agenda di lungo periodo che possa comporre eccellenze e capacità della città?

Il confronto con alcune città che hanno vissuto vicende simili a quella di Torino (Birmingham, Copenhagen, Amburgo) porta ad alcune direttrici di intervento:

-Estetica urbana (che ha ricadute significative sull’occupazione)

-Destinazione delle risorse su pochi progetti “ambiziosi” (es. metro e passante ferroviario)

-Coinvolgimento dei protagonisti: la comunità del business, attori sociali

 Valentino Castellani individua fin d’ora alcune “visioni” legate a temi di identità e prospettive di sviluppo locale già presenti:

-Torino capitale del cibo

-Torino città universitaria

-Torino città internazionale.

 Ma in questo occorrerà anche individuare quali possano essere le linee di sviluppo. Ad esempio: città universitaria: quali atenei?

La dimensione di questa strategia poi, non è cittadina ma è quella del territorio metropolitano. Vecchio cavallo di battaglia di Castellani. Che cita quale esempio il sistema ferroviario metropolitano, realizzato a partire dalla sua gestione della Città, che alla fine sarà paragonabile alla RER di Parigi.

Che la dimensione sia questa non c’è dubbio: la prima e seconda cintura ormai fanno parte della città (chi scrive ricorda quando, nei primi anni ’90, Castellani lamentava che il Sindaco di Torino per portare una fermata dell’autobus fuori dai confini cittadini doveva discuterne con una miriade di sindaci delle Città confinanti).

Ma cosa ne penserà, ad esempio, quella parte della classe politica che vive della Provincia? Eppure non sfugge a nessuno che Torino ha ben pochi legami con Claviere, per fare un nome, che pure è nella Provincia di Torino.

Siamo fuori tema? Beh, che la politica ed i suoi costi abbiano incidenza sulla “governance” dei processi di sviluppo urbano non è un dettaglio.Torello campus

Gianpaolo Nardi

giampaolon@vicini.to.it