Le cronache ci dicono che Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, è stato in rianimazione per 40 giorni a causa del Covid-19: «Mentre sfioravo la fine della vita, mi sembrava che tutto evaporasse. Restavano solo la fiducia in Dio e i volti delle persone care». Da questa esperienza traumatizzante ma rivitalizzante nasceva il suo libro “Verrà la vita e avrà i suoi occhi“, (2020, Edizioni San Paolo) scritto insieme ad Alberto Chiara, giornalista di Famiglia Cristiana. Guardare avanti.
Presso la sede de “La Miniera Culturale in Periferia” in Via Col di Lana 7a, Mons. Olivero ha presentato il 20 scorso, il libro “Il pane, il vino e la bellezza. Un vescovo in cerca di complici” (2023, Edizioni San Paolo) moderatore Ermis Segatti.
Secolarizzazione
Per ragionare sulla nostra cultura, Olivero parte da un libro, “l’Età secolare”, autore Charles Taylor, filosofo canadese. La “secolarizzazione” muove dall’idea di una civiltà svuotata da credenze religiose.
Solo due generazioni, commenta Olivero, fa la religiosità era una cosa seria: era l’età in cui quegli umani collegavano ogni evento a Dio: bel tempo o brutto tempo, feste o malattie. Non muove foglia…Umani che erano uomini “porosi”: capaci di assorbire, lasciarsi permeare. Angeli, Santi, magari anche fantasmi. La divinità era di casa. Oggi c’è l’uomo “schermato”. Siamo passati dall’età dell’incanto all’età del disincanto. La società del disincanto persegue l’umanesimo esclusivo, per il quale vale solo quello che è nelle mie potenzialità, che so valutare, pesare, quantificare. E parliamo di “esculturazione”.
Ma la cultura è il modo degli umani di stare al mondo. Ci vestiamo secondo la nostra cultura, mangiamo secondo la nostra cultura. Che scegliamo o che ha scelto la nostra tradizione. Parliamo secondo la nostra cultura.
Concretezza
E la prima cosa è la concretezza. Noi del mondo occidentale abbiamo ridotto la realtà astraendola. La vita è pratica: ti alzi, ti lavi fai colazione, prendi l’auto. Cose pratiche. Anche gli abbracci. L’abbiamo resa astratta: cos’è un albero, tutti potrebbero descriverlo. L’idea è chiara. Ma l’albero così come noi la descriveremmo in modo sintetico, astratto, non esiste: esistono singoli alberi, pini pioppi… L’mmagine del pane, che compare nella copertina del libro, ci spinge a ricondurci alla realtà concreta. Il pane è qualcosa che noi abbiamo sulla tavola senza prestarvi attenzione: eppure, se ci riflettiamo, ritroviamo la terra che ha nutrito il grano, l’agricoltore che lo ha raccolto, e così via il mugnaio, il panificatore. L’acqua. Troviamo il senso del bisogno che abbiamo gli uni degli altri, del significato dello stare insieme nel nostro mondo. Ritorna la metafora dell’incontro conviviale. Siamo in relazione con la terra e con le persone, siamo legati e dipendiamo gli uni dagli altri.
In questo, secondo Olivero, si ritrova il Vangelo con la sua carica antropologica e molto “umana”.
Togliere la “C”
Dal pubblico, un giovane chiede quale sia l’approccio della Chiesa sull’educazione religiosa nelle scuole.
Olivero è il Presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo. Organismo fortemente coinvolto con le religioni “altre”. Secondo Olivero, nello studio della religione curricolare obbligatoria, la questione religiosa riguarda tutti. Per uno studente arrivare a 20 anni e non sapere nulla di Buddisti e Musulmani, Ortodossi e Protestanti è una lacuna. Si tratta di acquisire con quale forma una religione deve stare nella società. Per una società più fraterna, per convivere nella diversità. Il Concordato con lo Stato prevede l’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC). Nel programma quinquennale della Commissione Episcopale, Olivero intende proporre di togliere la “C”. Non più solo “Cattolica”, ma mettere in discussione, anche con le competenti autorità italiane questa sua più ampia idea di religione.
“Chissà, se un giorno qualcosa si muoverà magari sarà anche frutto di questa serata” conclude Mons. Olivero.
Gianpaolo Nardi
gianpaolon@vicini.to.it
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