Lo scorso 3 aprile la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il disegno di legge recante “Disposizioni sulle città metropolitane, province e fusioni di comuni”, ovvero la legge n. 56 del 7 aprile 2014 che consentirà la trasformazione delle province in enti di secondo livello, cioè non più elettivi, abolendo così i costi degli organi politici territoriali. Questa almeno la principale motivazione della campagna mediatica di questi ultimi anni.
Ma il provvedimento, che si compone di un unico articolo e 151 commi prevede un riassetto molto più ampio degli equilibri tra gli enti locali territoriali esistenti e in via di costituzione. Che sarà tuttavia provvisorio, poiché si compirà definitivamente solo con la riforma costituzionale del Titolo V, che avrà tempi più lunghi, e correlati alla stabilita’ del Governo in carica.
La nuova legge al comma 5 individua 10 città metropolitane (già previsione di legge mai attuata nel testo unico degli enti locali di ben 14 anni fa!!), tra cui Torino, il cui territorio coincide con quello della Provincia; nuovi organi (sindaco, consiglio e conferenza metropolitani i cui incarichi saranno esercitati a titolo gratuito) ma stesse funzioni già attribuite alle province, oltre a quelle nuove che potranno scaturire dal processo complessivo di riordino delle funzioni, previsto dai commi successivi.
Senza entrare nelle polemiche che hanno accompagnato il lungo iter di questa legge, si può comunque affermare che solo tra qualche anno sarà possibile valutare se i risparmi derivanti dai tagli dei costi della politica di 107 Province potranno compensare gli inevitabili costi reali ed economici che tale profonda modifica del sistema territoriale locale comporterà per i cittadini.
Da rilevare la nuova centralità attribuita ai Comuni, di cui però si auspica e incentiva, con procedimenti semplificati, la fusione in Unione di Comuni per meglio gestire secondo criteri di efficienza ed economicità i servizi pubblici, che solo un livello territoriale di area più vasta può garantire. La previsione di Consigli comunali più grandi, con 10 consiglieri, per i Comuni sotto i 3.000 abitanti: quindi riconoscimento dell’istanza di democraticità’ territoriale, ma anche aumento dei costi della politica.
I primi effetti di questo lungo processo di abolizione delle Province, ed in particolare della Provincia di Torino, di cui spesso la maggior parte dei cittadini poco conosce le competenze e funzioni, si iniziano già vedere: ad esempio nel vuoto di governance del ciclo integrato dei rifiuti nel territorio, gestito oggi dalla Conferenza d’ambito per il 50% di competenza provinciale, che si verrà a creare a seguito del passaggio da Provincia a Città metropolitana. In questo caso, per garantire continuità alla gestione dei rifiuti, la Città di Torino si e’ portata avanti, con l’adesione al protocollo d’intesa per la costituzione di un tavolo di coordinamento tra tutti i partecipanti al consorzio d’ambito, a supporto politico-amministrativo del passaggio istituzionale di competenze in corso.
Alla nuova Città Metropolitana, che inizierà ad esercitare le sue funzioni dal 1^ gennaio 2015, la Legge assegna le funzioni già di competenza delle Province quali, gestione edilizia scolastica e programmazione rete scolastica, pianificazione territoriale e tutela e valorizzazione dell’ambiente, autorizzazione e controllo trasporto privato, gestione strade provinciali, e ne prevede di nuove quali la strutturazione di sistemi coordinati di gestione o organizzazione dei servizi pubblici, la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale e dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione del territorio metropolitano, il controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e la promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale. Diversa la sorte della gestione delle politiche attive del lavoro e dei 13 Centri per l’Impiego ad oggi esistenti sul territorio provinciale, che vengono disciplinati dal secondo atto del cd. Jobs Act, ovvero il Disegno di Legge delega in materia di ammortizzatori sociali, servizi per il lavoro e politiche attive che prevede, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del DDL delega Lavoro, l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione partecipata da Stato, Regioni e Province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a cui attribuire le competenze in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi.
Si apre dunque una fase delicata di passaggi istituzionali volta ad assicurare l’organizzazione dei nuovi enti senza creare disservizi ai cittadini.
E i 1700 dipendenti della Provincia di Torino?
Attesa, poche informazioni e poche certezze. Le sorti del personale infatti, sono legate in primo luogo alla definizione dei criteri generali per l’individuazione dei beni, delle risorse finanziarie e umane connesse alle funzioni che saranno trasferite, con decreto del Consiglio dei Ministri, previo parere Conferenza Unificata Stato- Regioni, che dovrà essere emanato entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge.
Ricordiamo che le principali organizzazioni sindacali, lo scorso novembre, siglarono con il Governo allora in carica un Protocollo di Intesa a tutela dei lavoratori delle province, che prevedeva
” per il personale trasferito presso gli Enti subentranti a seguito del riordino delle funzioni:
– la garanzia dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché di quelli a tempo determinato in corso fino alla scadenza per essi prevista;
– il mantenimento delle posizioni giuridiche ed economiche, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata;
– per gli Enti subentranti, invece, la garanzia che gli effetti derivanti dal trasferimento delle funzioni non rilevino, ai fini della disciplina sui limiti dell’indebitamento, nonché di ogni altra disposizione di legge che, per effetto del trasferimento, possa determinare inadempimenti dell’ente subentrante.“
Adesso tale protocollo dovrebbe iniziare a produrre la sua efficacia garantendo il presidio concreto sul riordino istituzionale e sulla riallocazione delle funzioni e delle risorse, comprese quelle umane, grazie ai previsti tavoli permanenti di confronto nazionali e regionali, partecipati da Governo e parti sociali, dove si monitoreranno i processi, si vigilerà sulle tutele dei lavoratori, compreso il diritto alla formazione e riqualificazione del personale trasferito e si decideranno le sorti di quei lavoratori, ad oggi appartenenti ad aree di competenza non trasferite alla Città Metropolitana (solidarietà sociale, cultura, parchi).
Questa e’ la situazione attuale della Provincia di Torino. In questo limbo istituzionale e contrattuale, i dipendenti provinciali intanto lavorano e aspettano le nuove destinazioni.
Mascia Manzon
masciam@vicini.to.it
Sarebbe opportuno sapere di che si occupano i 1700 dipendenti: quanti km di strade devono manutenere, di quante scuole gestiscono l’edilizia.
Soprattutto quanti posti di lavoro (speriamo nessuno) diventerebbero ridondanti e di quanti dirigenti espressione di forze politiche di tutti i colori potremmo fare a meno.
Per rispondere alla prima domanda, informazioni utili (sui profili dei dipendenti correlati alle aree di appartenenza) ulteriori informazioni sono reperibili su http://www.provincia.torino.gov.it/amministrazione_trasparente/index.htm#personale
Per la seconda domanda, purtroppo ancora attesa, sopratutto del decreto, citato nell’articolo, che stabilirà oltre alle risorse finanziarie, il personale da trasferire ai nuovi enti…..