Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La fiera delle illusioni,  di Guillermo del Toro.

Tu non inganni le persone, Stan, si ingannano da sole! (Lilith, Cate Blanchett)
Il circo, il luna park con le loro attrazioni sono il teatro del sogno e dell’impostura: tra gli altri, lo raccontano un romanzo, Nightmare Alley, scritto nel 1946 da William Lindsay Gresham, e un primo film omonimo, realizzato nel 1947, con protagonista Tyrone Power.

La trama: negli anni ‘40 Stanton (interpretato da Bradley Cooper), trova lavoro in un luna park e impara dalla lettrice di tarocchi Zeena (Toni Collette) e dal marito Pete l’arte del “mentalismo”, ossia fingere di leggere nel pensiero degli spettatori applicando trucchi da illusionisti. Quindi, con la dolce Molly (Rooney Mara), abbandona il baraccone e si trasferisce a Buffalo, dove acquista fama e denaro, fino a che incontra la dottoressa Lilith Ritter, una spregiudicata psichiatra  (Cate Blanchett) che lo coinvolge  in un piano per abbindolare i ricchi della città.

Cos’ha attratto di questa storia il regista messicano, tanto da volerla riproporre? Lo ha rivelato in una recente intervista:  si tratta di un noir, genere che “è sempre stato, e lo è tuttora,  uno specchio della società”, e che riesce a risultare  ancor più credibile se la rappresentazione – come in questo caso –  è servita da un ottimo cast.

Inoltre consente  una costruzione visiva che attinge all’immaginario creato dal cinema classico hollywoodiano (da Orson Welles a Billy Wilder, per non citarne che alcuni) e dal neorealismo italiano,  da quel La strada di Fellini, in particolare, a cui rimandano il personaggio di Rooney Mara-Gelsomina e Bradley-Zampanò.

Ma il mondo dei giostrai durante la  Grande depressione mostrato da Guillermo Del Toro è attraversato da una brutalità molto più esibita che nella versione cinematografica di Gresham, e in linea con certa estetizzazione della violenza di gusto contemporaneo.

Il film avvince e si fa seguire nonostante la durata, perché la parabola autodistruttiva di  Stanton, cinico imbonitore alla ricerca di successo e  ricchezza,  può diventare la metafora di ogni coscienza che si piega all’avidità economica, e non solo nei tempi di fame, povertà, disoccupazione.

Con: Bradley CooperCate BlanchettToni ColletteWillem DafoeRooney Mara.

In programmazione nelle sale torinesi

Voto: 8/10

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

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