Il Cinema Massimo, venerdì scorso, ha reso omaggio ad un torinese, pioniere della cinematografia, con la presentazione del volume “Attilio Prevost (1890-1954). Una vita in prima linea. Ritratto dell’inventore della moviola”, edito da Silvana Editoriale, alla presenza di Marina Mojana, curatrice del libro, e Marco Mojana, responsabile delle ricerche archivistiche, entrambi nipoti di Prevost.
La biografia del celebre foto-cinereporter, ingegnere e imprenditore, nato a Torino nel 1890 e morto a Milano nel 1954, a breve in libreria, scritta dalla nipote e figlia adottiva Annamaria Lari Prevost, contiene più di 100 foto, che rappresentano solo una parte della produzione dell’autore. Sono immagini relative soprattutto alla Grande guerra, da quelle più intime che raccontano la vita collettiva dei soldati, a quelle più inusuali e di grande forza espressiva che sono le riprese dei cadaveri: raramente visibili, a quel tempo venivano occultate per non deprimere il morale della popolazione.
Molte delle foto presenti nel libro, realizzate quando Prevost era al servizio della Sezione cinematografica del Comando supremo del regio esercito e che gli valsero la Croce di guerra al valor militare, sono comparse su riviste specializzate e libri, entrando nell’immaginario collettivo: l’intero fondo fotografico della famiglia dell’autore verrà donato al Museo del Cinema di Torino.
Prevost iniziò la sua attività di fotografo presso Luca Comerio, che era stato il regista di casa Savoia, a Milano, nel 1908. Fin da subito la sua passione e il suo impegno furono evidenti: Comerio gli commissionò di filmare le eclissi di sole nel 1912 e Prevost realizzò un dispositivo applicato al telescopio utilizzato dall’astronomo Giovanni Schiapparelli per le sue osservazioni di Marte. Con Comerio stesso partecipò alla spedizione di Libia nel 1911-12, dove utilizzò alcune cineprese Prevost 35 mm (uno di questi apparecchi è conservato presso il Museo del Cinema di Torino).
A riprova del ruolo di pioniere che ebbe Attilio Prevost in ambito cinematografico, nel 1915, con la moglie Elena Lanzoni, fondò l’”Astra film”, che realizzò alcuni film con attori di successo di allora, di cui – oltre a essere produttore – era direttore della fotografia, ruolo che assunse anche nella “Sabaudo Film”, casa di produzione cinematografica milanese di cui divenne comproprietario.
Durante gli anni della Grande guerra, Attilio, inviato al fronte come operatore cinematografico e fotografo di guerra, realizzò sia le immagini vibranti e drammatiche che fecero dire di lui che aveva “lo sguardo di Robert Capa vent’anni prima”, sia quelle immortali delle riprese di Trento e Trieste appena liberate dagli austriaci, della partenza di D’annunzio per il volo su Vienna, degli assi dell’aviazione Francesco Baracca e Fulco di Calabria.
Negli anni Venti, Attilio Prevost fondò a Milano le Officine Prevost, azienda rivolta alla costruzione di apparecchiature cinematografiche, dove mise a punto la prima moviola orizzontale, un apparecchio per il montaggio a scorrimento della pellicola su tavolo, anziché in verticale: anche uno di questi esemplari, il cui nome completo è “tavolo di sincronizzazione e montaggio” è esposto presso il Museo del Cinema cittadino. Ci sono studiosi che fanno risalire all’introduzione della moviola orizzontale di Attilio Prevost l’origine del “cinema d’autore”, in quanto il tavolo di montaggio consentiva al regista di affiancare il montatore, intervenendo nella fase finale del processo creativo del film.
Alla presentazione è seguita la proiezione della copia restaurata de Il processo di Orson Welles, montato proprio su due Prevost 16/35 a sei piatti, a conferma della fama internazionale che assunsero le “moviole” del torinese innovatore della tecnica applicata all’industria cinematografica, utilizzate anche per le pellicole di De Sica e Fellini.
Anna Scotton
annas@vicini.to.it
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