Le esternazioni del neo presidente degli Stati Uniti, quelle precedenti di vari presidenti del consiglio europei e di rappresentanti di organizzazioni politiche, ci pongono davanti al problema della post-verità, o, per meglio dire, della comunicazione basata più su esagerazioni, falsità o deformazioni dei fatti, che non sui veri fatti.
L’oggettività non è cosa di questo mondo, sia chiaro, ma la comunicazione globale ci sta portando in una dimensione strana: quella in cui, a prescindere dagli studi e dal livello culturale, si pensa poco e si legge molto, ma in modo frettoloso, dedicando poco tempo alla riflessione sui fatti che abbiamo letto.
Sorvoliamo, per carità, sulla qualità delle nostre fonti di informazione, non vorrei passare per uno snob d’altri tempi.
Le notizie si susseguono ad altre notizie a grande velocità; pensiamo alla quantità di eventi occorsi in Italia, in Francia, negli Stati uniti tra il 2015 e il 2016. Quanti fatti sono accaduti, e di quanti ci ricordiamo ? La nostra mente ha operato alcune classificazioni, ed ha eliminato una parte, o gran parte, delle informazioni da cui siamo avvolti.
Siamo spugne che assorbono ‘passivamente’ (?) informazioni, dedicando poco tempo ad elaborarle. Per elaborarle, dovremmo avere una nostra opinione sui fatti, una scala di valori, un bisturi mentale in grado di separare quanto palesemente vero da quanto palesemente falso, almeno secondo il ns. giudizio.
Il dato, non originale e forsanche banale, è che fin dalla Grecia classica, gli abitanti del pianeta sono stati presi in giro, abbindolati, convinti o aizzati da oratori e condottieri più o meno privi di scrupoli, che han ‘girato la frittata’ delle notizie, oppure delle informazioni a loro piacimento. E qui il libro sulla Retorica di Aristotele insegna.
Di qui si aprono varie prospettive di analisi:
A noi interessano i fatti come realmente sono o no? Preferiamo che qualcuno racconti i fatti come ‘vorremmo’ che fossero?
Se volessimo distinguere tra informazione oggettiva e falsa, che strumenti abbiamo per farlo?
Basta che una notizia sia riportata da 100 persone per certificare che sia vera?
E’ stato detto che la complessità del reale è così scoraggiante da spingerci tutti, élite comprese, a rifugiarci ciascuno nella propria bolla. Per cominciare a prendere contatto con il problema, bisogna che qualcuno esca dalla sua bolla; farlo è sgradevole, è destabilizzante e chiede una serie di assunzioni di responsabilità. Ci vogliono calma, coraggio, realismo e buonsenso: qualità sempre più rare e difficili da coltivare, ai tempi della post-verità.
Giorgio Ferraris
giorgiof@vicini.to.it
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