Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

Caporetto. Alessandro Barbero a “Leggermente”

Caporetto: Fu vera infamia? (Viene in mente il “Fu vera gloria?” del Manzoni). Caporetto è rimasta il paradigma di viltà, disonore, disfatta. Parte con questa riflessione Alessandro Barbero per la presentazione del suo saggio intitolato “Caporetto”, secondo appuntamento stagionale di Leggermente (ufficialmente il primo, ma l’inaugurazione della stagione è stata con Carlo Lucarelli a fine ottobre . Per l’occasione, Leggermente si sposta alla casa del Quartiere +Spazio 4, che quest’anno ha aderito al progetto con un suo Gruppo di lettura.

Da cent’anni grava sulle spalle degli italiani questa pessima fama. E’ questa la verità? Secondo Alessandro Barbero è vero solo in parte. Fifty fifty. Certo, ci furono mancanze ed errori. Una commissione d’inchiesta (come sempre da noi: quando la politica non sa come affrontare una questione spinosa si convoca la commissione d’inchiesta di rito), fece emergere anche comportamenti disdicevoli. Ma che tutto questo possa essere consegnato alla Storia come una fuga imbelle davanti al nemico o una disfatta della Nazione, questo no. Alessandro Barbero afferma questo alla luce di 5 anni di ricerche (ma, dice, ho fatto anche altro, ci mancherebbe). Lunghe e laboriose. Per uno storico militare, come si definisce, la documentazione è sempre stata abbastanza ampia, ma fino ai primi anni ’70 del ‘900 la storia era storia di battaglie: battaglioni e comandi che venivano spostati, strategie, armi. Da quel periodo in poi invece viene valorizzata la storia degli uomini che combattono. Racconti, prospettive diverse, intrecci. Lo storico può disporre di 4 miliardi di lettere inviate dai soldati della Grande Guerra alle loro famiglie: si possono visitare i mausolei in cui si vedono le divise, si ricordano i propri morti (in Trentino, quelli con l’elmetto austriaco). Le lettere dei soldati si possono confrontare con quelle dei comandanti, e l’archivio dell’Esercito è molto sistematico (ogni comandante dovette fare una relazione dettagliata dei propri movimenti durante gli attacchi). E da qui l’analisi dei fatti.

Dunque, cosa accadde?

L’Italia e l’Austria erano due delle grandi potenze europee, ma entrambe agli ultimi posti. Le grandi potenze economiche ed industriali sono il Regno Unito e la Germania. Ma con l’Austria ce la giochiamo. Sono i nostri nemici storici, sentimento ricambiato fino in fondo.

Dichiariamo guerra nel maggio del 1915. In quel momento l’Austria è già molto provata dopo 10 mesi di guerra che ha impegnato molte delle loro forze. E’ il momento buono, secondo i comandi militari. D’altra parte gli austriaci avevano già pensato di attaccarci dopo il terremoto di Messina del 1908 che aveva fiaccato le nostre risorse.

Nel 1917 l’Austria è logorata al limite della resistenza: hanno preso batoste dai Russi sul fronte orientale, le riserve alimentari scarseggiano in quanto dipendono dai commerci marittimi che sono in mano agli Inglesi; scarseggia persino il carbone per riscaldarsi, divorato dall’industria bellica. Non possono permettersi altri mesi di guerra di posizione. Decidono, a malincuore, di chiedere aiuto ai cugini tedeschi.

La Germania possiede un vero esercito di professionisti, dai comandanti ai graduati di truppa, ottimi armamenti ed un supporto logistico imponente e ben organizzato. I tedeschi accettano, sia pure con una certa sufficienza. A loro la guerra piace.

Si muove la macchina bellica: 100.000 uomini, migliaia di cannoni vengono caricati su 1500 treni ed avviati al fronte. E l’esercito Italiano? Dopo due anni e mezzo è ancora solido, ma sicuramente fiaccato: ci sono state perdite e gli ufficiali sono stati rimpiazzati con le nuove leve; ma non militari, ormai decimate, ma con gli studenti, via via delle università e poi delle scuole superiori. Questa è una prima grande differenza: anche l’ufficiale inesperto è il sig. ufficiale. I comandanti non si confondono con la truppa, operano in linea con la burocrazia sabauda, spostano bandierine sulle carte militari. Lo stesso Generale Cadorna, uomo di valore, carattere e capacità organizzativa, è però un burocrate ostinato e inavvicinabile, al quale è meglio non dire che il suo punto di vista potrebbe non essere quello giusto.

Gli ordini seguono rigidamente la catena gerarchica, con tempi non certo rapidi.

Diversa la classe militare tedesca: gli ufficiali consumano il rancio con la truppa, sottufficiali e soldati sono addestrati per portare avanti le ultime fasi della loro missione anche in assenza di ordini diretti.

La gerarchia conosce bene lo scenario e gli avversari. Non si limita ad emanare ordini ma è spesso presente sul campo. Gli ordini vengono diramati con tempestività.

Questo è il contesto nel quale ha luogo l’attacco. Non avviene in modo casuale: la strategia corrente tra i due belligeranti sui monti del Carso era di cannoneggiare a lungo per spianare la resistenza e poi effettuare la sortita. E maggiori gli insuccessi, più a lungo durava il cannoneggiamento. I difensori si proteggevano ed aspettano con le mitragliatrici in posizione.

I tedeschi decidono di cambiare strategia: le artiglierie sparano per un tempo ben definito, le fanterie, armate con mitragliatrici alleggerite trasportabili, vengono lanciate ancora sotto il proprio fuoco, ma il bombardamento cessa pochi minuti prima che queste giungano di fronte alle trincee nemiche. Gli italiani, impreparati, vengono sorpresi. Manca il filo spinato. I telefoni funzionano a singhiozzo. Nella nebbia, le squadre tedesche procedono senza ulteriori ordini e circondano gli avversari. Se incontrano resistenza aggirano i difensori e proseguono l’avanzata. Molti italiani, accerchiati, si arrendono, molti rimangono tagliati fuori e non sanno cosa fare, in assenza di ordini superiori. E’ la disfatta.

Da quel momento inizia lo scaricabarile: i comandi militari si erano convinti che nella truppa, che soffriva privazioni e rischiava la vita, si fossero diffuse idee sovversive bolsceviche, e che fossero queste a minare la capacità di combattere dell’esercito. La disfatta convince Cadorna di questa tesi. Il bollettino carico di livore nei confronti dei combattenti che emanerà è la fotografia giunta a noi di quegli eventi. Ma non tutto è avvenuto come è stato raccontato.

Gianpaolo Nardi

gianpaolon@vicini.to.it

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