Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La favorita, di Yorgos Lanthimos

All’Ambrosio CineCafé è stato proiettato il 15 gennaio in anteprima La favorita, il film che si è aggiudicato il premio alla Giuria all’ultimo festival di Venezia, che è candidato agli Oscar 2019 e la cui uscita ufficiale a Torino, città italiana nella quale ogni anno – come ha dichiarato Emiliano Fasano nell’introduzione – viene “staccato nelle sale cinematografiche il maggior numero di biglietti rispetto alla popolazione”, è prevista per il 24 gennaio.
ll film ha ricevuto i voti augurali di Giovanni Minerba e Irene Dionisio, rispettivamente fondatore e attuale direttrice del Lovers Film Festival – Torino Lgbtqi Visions, i quali hanno presentato il lungometraggio del regista ellenico come – in qualche misura – l’apripista della prossima tornata della loro manifestazione. A seguire, Elisabetta Ajani, titolare della cattedra di Scenografia del Cinema all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, è entrata in alcuni dettagli tecnici per spiegare l’accuratezza della messinscena, sicuramente uno dei pregi più evidenti de La favorita.
Nell’Inghilterra del diciottesimo secolo a corte si consumano intrighi, passioni e vendette: la regina Anna Stuart è una donna malferma di salute, fragile e capricciosa, incapace di destreggiarsi negli affari di Stato, per affrontare i quali si è affidata ad una nobildonna, moglie di lord Marlborough, Sarah Churchill, che ha assunto il controllo della mente, dell’ anima e dei piaceri del corpo della sovrana.
Giunge al castello alla ricerca di un lavoro Lady Abigail Masham, lontana parente di Sarah e in condizione di indigenza: assunta come cameriera, in breve tempo irretisce la regina. Tra le due contendenti il ruolo di “favorita” s’ingaggia un duello serrato e senza esclusione di colpi:  a ben vedere – ammonisce Lanthimos – tanto una relazione amorosa che la gestione di un Paese sono regolati da rapporti di potere tra chi domina e chi è dominato, tra chi esercita la fascinazione e chi la subisce, indipendentemente dal ruolo sociale di appartenenza (e dal sesso: e in epoca di metoo il fatto che a giocarsi il potere siano donne forse non è casuale…).

La scrittura del film è intrisa di ironia, rivelata dai dialoghi e dai titoli dei capitoli che suddividono il film come atti di una pièce teatrale. Alla seduzione visiva esercitata dalle ricostruzioni d’ambiente o esaltata dalle penombre, illuminate – come all’epoca – dalla sola luce delle candele, si accompagna l’uso del fisheye (letteralmente, occhio di pesce): l’obiettivo grandangolare riprende gli spazi attraverso una deformazione ottica, che rimanda allo sguardo perverso, “distorto” che ciascuna delle protagoniste ha sulle rivali, sulle proprie sconfinate ambizioni, sul lato oscuro di sé.

Con Emma Stone, Rachel Weisz, Olivia Colman, Nicholas Hoult
Nelle sale torinesi dal 24 gennaio.

Voto: 8,5/10
Anna Scotton
annas@vicini.to.it

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