“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Un cuore, un orologio rotto e una piuma

Un cuore, un orologio rotto e una piuma è il titolo di uno spettacolo rappresentato il 23 ottobre al teatro Astra di Torino: è l’esito finale del laboratorio teatrale Wanderlust teatro in collaborazione con la casa dell’ Affidamento del Comune di Torino.

Si tratta di una una piccola opera sull’arte rivoluzionaria di scegliere i propri sogni e  la meta finale di un viaggio coraggioso tra i fantasmi del nostro inconscio . Un’operazione creativa in cui i sogni sono presentati come possibilità di sconfiggere le nostre paure e dare inizio alla rivoluzione dei desideri.

Si tratta di un progetto nato dall’incontro, 3 anni fa, di Elena Aimone, attrice, e Annalisa Spurio Fascì,  drammaterapeuta, facenti parte della compagnia Wanderlust teatro, nata nel 2016 dall’incontro di un gruppo di attori diplomati alla scuola del teatro Stabile di Torino il cui obiettivo è quello di favorire la pratica e la diffusione della cultura teatrale; in questo caso lo spettacolo in questione fa parte del progetto Teatro Affido che nasce dalla collaborazione tra l’associazione Vanderlust teatro e la Casa dell’ Affidamento del Comune di Torino.

Dice Elena Aimone “ c’è una sorta di analogia tra la situazione transitoria, di precarietà, comune ai ragazzi in affidamento e quella dell’ l’attore che spesso vaga da una compagnia all’altra: c’è una sorta di esigenza di stabilità, di radicamento, avvertita sia dai ragazzi che da me”.

Il titolo di questo spettacolo è intrigante : “un  cuore, un orologio rotto, una piuma”.

Il cuore compare spesso nei sogni dei ragazzi e forse di tutti noi: un cuore pulsante di vita, un cuore spezzato, un cuore nero che rappresenta i traumi e le paure di queste persone particolarmente provate dalla vita.

Un orologio rotto: esprime  il bisogno di fermare il tempo, di farlo tornare indietro,di riparare ciò che è stato triste, traumatico: ripartire dall’oggi per salvare la famiglia esprimendo i propri sogni, i propri desideri.

La piuma (e tante piume volano nello spettacolo) rappresenta l’anima nelle culture primitive e nello specifico il bisogno di trascendere la propria biografia per attingere dall’inconscio un modo di guarire attraverso i propri sogni, intesi non solo come immagini oniriche, ma come proiezione dei propri desideri,della propria sete di vita nonostante tutto.

Interessante è il metodo usato per creare lo spettacolo che non è sorto da un testo preconfezionato ma da un lavoro con i ragazzi i quali, a partire da un brainstorming  sui propri sogni, hanno dato vita a una rappresentazione di sé che tocca talvolta elementi autobiografici ma va oltre, apre  delle domande, rappresenta un momento di crescita.

Si tratta di un teatro inteso come un modo di stare insieme, di fare un lavoro in divenire con l’attenzione ai bisogni di questi ragazzi: un esempio di come ci si può trasformare, guarire attraverso il teatro.

Lasciamo parlare le principali curatrici, se così si può dire, dello spettacolo realizzato assieme a colleghi che si sono occupati di aspetti come la danza, il canto e altri.

Elena si esprime attraverso le parole del poeta giapponese Premio Nobel Kenzaburo Oe:

“Io sono convinto che l’atto di esprimersi contiene in sé un potere di guarigione e che  gli effetti benefici di questo potere non si ripercuotono  solo su chi si esprime, ma anche su tutti coloro che fruiscono di ciò che viene espresso, questo è il misterioso potere del dell’arte”.

E Annalisa spiega: “Il progetto Teatro Affido parte dalla convinzione che il compito più contemporaneo del teatro sia quello di proporre una progettualità che agisca attivamente sulla comunità in cui viviamo……..

e così, in un mondo sempre più difficile da abitare, il tema dell’affidamento ci porta al tema sacro delle relazioni umane e ci regala uno sguardo verso l’altro che si basa sulla fiducia verso l’essere umano”.

In quest’ottica non sarà più necessario distinguere tra teatro performativo, sociale, terapeutico, ma si potrà parlare semplicemente di umano.

Un teatro, insomma, che trasforma chi lo fa e chi vi assiste.

Franca Guiot

francag@vicini.to.it

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