Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. (Goethe)

 

La petite, di Guillaume Nicloux

A Bordeaux un  vedovo sessantenne, Joseph, riceve la notizia che il figlio Emmanuel  e il suo compagno Joaquim sono morti in un incidente aereo. Lo strazio è accresciuto dal fatto che i due attendevano un figlio da Rita, una donatrice belga (in Belgio la donazione è consentita mentre il Francia è negata), di cui Emmanuel era il padre naturale. Joseph s’interroga sul destino del nascituro: che ne sarà di lui? Potrebbe rappresentare l’ultimo, esile legame con il figlio perduto?

Attraverso una storia personale, il piccolo film di Guillaume Nicloux affronta con sensibilità e garbo un grande tema della contemporaneità: la maternità surrogata. Lo smarrimento di Joseph rispetto alla sorte del futuro nipote è anche quello prodotto in tutti noi dalla nuova situazione etica che la gestazione per altri mette in campo. Non è secondario, ma sotto traccia, che  la scomparsa o la messa in ombra del ruolo della genitrice biologica interrompa lo stretto rapporto prenatale madre-feto,  che costituisce  una fonte di rassicurazione nel  cammino nel mondo di ciascuno di noi. Il distacco di Rita, a ben vedere, è quello che molte donatrici si impongono, a parte i casi di conoscenza o amicizia precedente, che garantisce il mantenimento di un qualche legame con la coppia di futuri genitori. Questi ultimi,  quando reclamano il diritto all’esclusività del rapporto, forzatamente troncano   il legame viscerale  stabilitosi nel grembo materno. Quindi, al di là che la maternità surrogata sia altruistica o a pagamentocomporta comunque la rinuncia a uno dei fattori più potenti nel determinare la futura salute psico-fisica del bambino:  questo è purtroppo il non detto della gestazione per altri (coppie gay o etero, è secondario), ma che in realtà può avere il peso di un macigno.

Il regista allude con leggerezza a questa contraddizione attraverso l’interpretazione  dell’ottima Mara Taquin, che dà corpo e anima a Rita: la donna aveva fatto la scelta della gravidanza per ragioni economiche – anche se la legge del Paese non consentirebbe nessun compenso  – decisa ad abbandonare la figlia alla sua nascita. Ma gli sguardi, i gesti trattenuti  e il desiderio successivo di rivedere Pauline rivelano la forza del legame uterino, comunque presente sotto la corazza emotiva che il bisogno e le prove della vita hanno prodotto sulla donna.

Film di impianto tradizionale, impostato su una narrazione lineare  e coinvolgente, ha la capacità di trattare anche altri temi cruciali: il rapporto genitori-figli, la gerarchia dei ruoli familiari, l’elaborazione del lutto. Molta parte della riuscita dell’operazione si deve all’interpretazione naturalistica di Fabrice Luchini, attore-feticcio francese, il cui  volto regala a Joseph tutta la gamma di  sfumature  espressive che accompagnano la successione di cambiamenti  nella sua vita.

Ovviamente la visione de La petite non  risponde alla domanda se la legge debba stabilire chi può procreare  e chi no, e per chi. Il pensiero può andare  alla necessità di aprire l’adozione anche a single e coppie gay,  che il nostro Paese  purtroppo non  prevede. Ma questo è un altro film.

Con: Fabrice Luchini, Mara Taquin

Nelle sale torinesi

Voto: 8/10

Anna Scotton

annas@vicini.to.it

 

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