“A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma spesso il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.” (Thich Nhat Hanh)

 

Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale

Le sue applicazioni regionali nell’ambito della vaccinazione dell’adulto

Si riaffaccia il Covid ed è inevitabile tornare al tema dei vaccini.

Il 13 settembre scorso Francesco Vaia, direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, è intervenuto a RTL 102.5 per fare il punto. “Oggi il Covid non dovrebbe spaventarci, ma dobbiamo proteggere le persone fragili. Questo è il tema principale…se qualcuno sta male, deve rimanere a casa. Ognuno di noi deve contribuire con comportamenti responsabili. Dire alle mamme di dare tachipirine ai bambini e poi mandarli a scuola è un errore. Se un bambino è sintomatico, non dovrebbe essere mandato a scuola”. L’invito alla prudenza
si rivolge a due aspetti: da una parte c’è chi la vede come un’influenza e la sottovaluta, e dall’altra c’è un la memoria dei lutti, ciò che rende la situazione negativa. Per quanto riguarda il ritorno a scuola, ”Il contagio non ha origine a scuola; la scuola non genera il Covid. Gli operatori della scuola sono molto attenti e da sempre applicano severamente le misure di sicurezza. Tuttavia, il virus può essere portato a scuola e diventare un veicolo di contagio” conclude Vaia;  il quale ha poi fatto sapere che “a ottobre lanceremo la campagna di vaccinazione antinfluenzale. Ormai è chiaro che non sarà obbligatoria; chi desidera farla, può farlo. In alcune fasce d’età è consigliata, soprattutto per chi ha più di 60 anni o è fragile, ma chiunque può riceverla. La raccomandiamo vivamente, ma non ci saranno obblighi per nessuno”.

Di vaccinazioni, non solo Covid, si è parlato il 14 scorso nell’evento “Percorso vaccinale. Piano vaccinale per i malati cronici. Piano nazionale di prevenzione vaccinale e le sue applicazioni regionali nell’ambito della vaccinazione dell’adulto”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di GSK e Pfizer. Evento patrocinato da Azienda Zero, ASL Città di Torino, Cittadinanzattiva Piemonte, Ufficio Pastorale della Salute Arcidiocesi di Torino e ASL di Vercelli.

Il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, pubblicato ad agosto in Gazzetta Ufficiale, sottolinea il valore etico e sociale delle vaccinazioni. Il Piano ha posto il focus importante sullo sviluppo di campagne vaccinali volte a ridurre la diffusione delle malattie prevenibili con vaccino; l’intento è quello ridurre l’incidenza delle malattie stesse ma una grande attenzione viene posta anche sulla riduzione degli esiti che tali malattie hanno sulla popolazione più fragile e sulla spesa sanitaria generale.

La Regione Piemonte garantisce un’ampia offerta vaccinale per l’adulto.

ASL Città di Torino da settembre 2022 ha attuato una modalità di erogazione innovativa: presso l’Hub vaccinale dell’ospedale San Giovanni Bosco, per la popolazione target (65-70aa) e fragile, è stato attivato l’accesso diretto per la vaccinazione per Herpes zoster e Pneumococco e contestualmente lo ha proposto anche ai cittadini convocati per la vaccinazione Covid. il tasso di adesione si è attestato sul 18-20% ed è in fase di miglioramento da quando l’offerta è stata trasferita anche sull’Hub di Lingotto, favorendo la vicinanza al domicilio del cittadino.

Una problematica emergente è dettata dalla impossibilità di avere banche dati comuni con cui attuare convocazioni per patologia in maniera da ottenere il miglior beneficio possibile” spiega Carlo Picco, Commissario di Azienda Zero e Direttore Generale dell’ASL Città di Torino. “Sicuramente per raggiungere i target del nuovo piano vaccini serve un ripensamento sia della rete di comunicazione sia di quella dell’offerta arrivando a scelte di prossimità. Le parole per il cambiamento sono: informazione, innovazione, accessibilità, diversificazione dell’offerta”.

Per raggiungere i cittadini sono stati utlilizzati modelli diversi, in base alle caratteristiche e peculiarità del territorio .

Nell’ASL Cuneo 2 si è sperimentato un modello di organizzazione delle vaccinazioni rivolte ai pazienti cronici che raggiunge sia i soggetti in RSA/RAF, sia i pazienti cronici e fragili residenti al proprio domicilio. In particolare, per le RSA/RSAF il vaccinatore è il medico di medicina generale che accede alla struttura per vaccinare i propri pazienti. I pazienti diabetici vengono riferiti ai servizi di igiene e sanità pubblica (SISP) o agli ambulatori della cronicità dell’ASL attivati nell’ultimo anno; nel caso di paziente diabetico e fragile si ricade nella vaccinazione domiciliare.

L’Asl di Vercelli, ha operato creando sinergie fra le diverse figure professionali, coinvolgendo tramite le riunioni di équipe i medici di medicina generale, proponendo l’offerta vaccinale contestuale al trattamento delle patologie croniche (diabete, insufficienza renale cronica, malattie reumatiche…).

Nell’attività vaccinale dei pazienti cronici l’ospedale può avere un ruolo significativo.

“Pensate al rapporto di fiducia che si crea tra lo specialista e il paziente che viene seguito e quanto può essere incisivo il convincimento che può portare lo specialista. Credo che dovremmo ipotizzare nuovi scenari superando il confine di oggi creando così una vera collaborazione partnership tra territorio e ospedale così come abbiamo visto durante il Covid”. rimarca Giovanni La Valle, Direttore Generale della AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

Altra nota dolente: la disomogeneità dell’offerta vaccinale sul territorio.. “È l’informazione che bisogna dare: ci sono alcune vaccinazioni che bisogna riuscire a fare conoscere e ad applicare, perché siamo usciti da un periodo Covid che le ha messe anche in discussione, “commenta Mara Scagni, Segretaria Regionale Cittadinanzattiva Piemonte. “ricordiamo che alcune vaccinazioni possono essere anche salvavita, quindi bisogna assolutamente riuscire a raggiungere valori maggiori di adesione”.

 Il sistema salute fatica ad andare incontro ai bisogni delle persone, registra lunghe liste di attesa e la sanità privata tende a sostituirsi a quella pubblica. “Ci sembra importante in questo momento storico riprendere la filosofia del no-profit che da troppo tempo è trascurata e che a Torino ha sempre avuto organizzazioni di punta a livello italiano, si pensi ai presidi del San Camillo, Don Gnocchi, Fatebenefratelli e, certamente, il Cottolengo: vanno valorizzati, sostenuti, incentivati e potenziati perché possano rendere il loro servizio” spiega don Paolo Fini, Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute della Diocesi di Torino.

Gianpaolo Nardi

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