
La mostra sulla Resistenza in Piemonte organizzata a Palazzo Madama nel 1955 non affrontava il tema della deportazione. L’esposizione Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa, visibile nella Corte Medievale di Palazzo Madama fino al 5 maggio 2025, viene anche a risarcimento di quella lacuna. Nelle sue cinque sezioni: 1. Primo Levi. Un precoce pensiero europeo; 2. Hermann Langbein. Un uomo formidabile; 3. Heinz Riedt. Un tedesco anomalo; 4. Giro di posta ; 5. Le lettrici e i lettori, a ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz (27 gennaio 1945 – 27 gennaio 2025) si presenta come un’ampia discussione sulla Shoah e sul suo posto in un’Europa da ricostruire dopo la guerra.
Promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e curata da Domenico Scarpa, saggista, docente universitario e consulente del Centro studi Primo Levi di Torino, è realizzata con documenti in gran parte inediti. Un carteggio con lettrici e lettori comuni, altri che erano anche scrittori, ex compagni di Lager, e che soltanto oggi diventa pubblico: interlocutori che si interrogano (e interrogano quindi anche il pubblico) sull’esperienza di Auschwitz e sulla realtà di un’ Europa e una Germania divise in blocchi contrapposti. Lettere scritte a macchina come la Lettera 35 che i visitatori – si spera molti studenti – in visita potranno utilizzare, portandosi via un foglio scritto a memoria della mostra. Abbiamo parlato con Domenico Scarpa curatore di questa prima presentazione pubblica della corrispondenza di Levi, la quale per la sua rilevanza ha meritato la Medaglia del Presidente della Repubblica.
Quali difficoltà ha presentato allestire questa mostra?
Innanzitutto una mostra è qualcosa che si guarda, in cui in genere si legge poco: una mostra di lettere è una mostra in cui invece si chiede alle persone di leggere molto e allora bisogna rendere ben visibile quello che è scritto, affinchè resti nello sguardo. Ci abbiamo provato con le immagini, con i documenti, con lo stesso disegno dell’architettura della mostra e con la sua impaginazione.
Tornano dal passato le macchine da scrivere.
Beh, sì, bisognava far vedere la scrittura e gli strumenti della scrittura, che non sono più attuali e quindi paradossalmente diventano una novità per tutti coloro che noi vorremmo raggiungere, e sono la maggioranza del pubblico, che non li hanno mai visti, oltre a non averli mai usati. Le lettere sono qualche cosa che non si fa più, che non si spedisce più: quindi le macchine danno loro sostanza, perché si tocca con mano il modo in cui si faceva la scrittura epistolare.
Qual è il pubblico ideale a cui l’esposizione si rivolge?
La mostra è rivolta a tutti e quindi si cerca di non dare assolutamente nulla per scontato. Poi è ovvio che il pubblico che ci sta più a cuore è quello più giovane, quello degli studenti, e chi non è ancora stato raggiunto da Primo Levi, che non lo ha ancora letto: la lettrice o il lettore in più.
Emerge l’ immagine di Levi convinto europeista, attuale in un momento in cui l’Europa sembra debole, sotto attacco.
L’Europa oggi viene messa in discussione innanzitutto da se stessa e quindi è importante mostrare un personaggio, anzi un gruppo di personaggi, che per l’Europa si sono battuti, che ci hanno creduto fin dal principio, in anni in cui non era scontato. Adolf Hitler e il nazismo erano per l’Unione Europea, ma la volevano unire nel segno del terrore, della schiavitù, del razzismo e della dominazione economica bruta. Levi e i padri fondatori, invece, puntavano a un’Europa unita nel segno della cancellazione delle frontiere, dell’ apertura, della prosperità sociale e della libertà.
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Anna SCOTTON
annas@vicini.to.it
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